Quanto conta la postura a scuola?
Un tempo la postura a scuola era obbligata, decisa. Una drammatica imposizione?
Quando andavo alle scuole elementari, la posizione obbligatoria per ascoltare la maestra che leggeva, o spiegava, era quella “in seconda”:
sedute, schiena dritta, testa alta e mani dietro la schiena.
Non era sempre facile: a volte si stava così per oltre un’ora. Si penava parecchio.
Oggi le cose sono cambiate, c’è più libertà e maggior rispetto per la libertà di movimento dei bambini.
Eppure …
Su molti aspetti della comunicazione è stata dimostrata una relazione molto stretta: le parole e le costruzioni delle frasi che usiamo manifestano il nostro modo di pensare, il respiro è strettamente unito allo stato d’animo, i nostri gesti e la nostra postura rilevano di noi più di quanto noi stessi vorremmo.
Ed è anche stato dimostrato che chi assume, durante l’ascolto, una posizione di chiusura (spalle curve in avanti, braccia conserte, e così via) recepisce fino al 60% in meno rispetto a chi, invece, ascolta assumendo una postura aperta.
È davvero la posizione che influenza?
Difficile a dirsi!
- Infatti la postura di chiusura viene, sicuramente, assunta per esprimere, più o meno consciamente, la volontà di non ascoltare, di non lasciarsi influenzare e di rifiutare tutto ciò che viene detto.
Ma stante la stretta interazione tra postura e pensiero, se chi non vuole ascoltare è “costretto” ad assumere una posizione aperta, anche la sua intenzione di non sentire viene in buona parte annullata.
Quindi, pur con tutto il rispetto per la mobilità e la libertà degli studenti, pur eliminando drasticamente quelle sgridate (e qualche scappellotto) che hanno subito quelli della mia generazione,
potrebbe essere utile e saggio abituare gli studenti, quanto più possibile, ad assumere una postura corretta quando ascoltano le lezioni, con i dovuti modi, e magari offrendo loro le motivazioni della richiesta.
D’altra parte, in genere, i più restii a stare seduti in posizione corretta sono i cinestesici, generalmente più irrequieti, ma sono anche coloro che in linea di massima accettano volentieri di fare o imparare qualcosa che abbia una buona ragione pratica per essere fatta o appresa.