C’era una volta un anno nuovo

Una favola, qualche riflessione e un invito

C’era una volta un anno nuovo. Era orgoglioso di sé: tutti lo avevano accolto con gioia, canti, balli, risate. Sì, magari qualcuno era un po’ brillo quando era arrivato lui, ma poco importava: vedeva tanta allegria!

Lo raffiguravano come un neonato e a lui questo piaceva davvero tanto. I bambini sono belli – pensava - e poi i bambini vengono coccolati, le persone si prendono cura di loro, e io sono sicuro che si prenderanno cura anche di me.

Poco prima di arrivare aveva incontrato l’anno vecchio che stava andando via: era davvero un vecchio, curvo su se stesso, triste.

L’aveva salutato, ma quell’altro, l’anno vecchio, era scivolato via dicendo:

Vai, vai, tutto pieno di entusiasmi, ma finirai come me. Lo sai? Mi hanno buttato via a calci, e sì che quando ero arrivato mi avevano accolto con un mucchio di feste.

L’anno nuovo avrebbe voluto chiacchierare un po’- le parole di Anno Vecchio l’avevano quasi intristito e si stava preoccupando, ma poi fu richiamato dalla musica del trenino a ritmo di samba e pensò che, probabilmente, era colpa di Anno Vecchio che aveva sbagliato qualcosa, e si buttò nella mischia tutto felice.


Ballò un po’, fece un brindisi e, improvvisamente, si ricordò che gli avevano dato istruzioni ben precise per il momento del suo arrivo, e lui non le stava rispettando. Uffa – pensò – mi divertivo tanto, ma ho promesso, addirittura giurato, e devo proprio svolgere i miei compiti.

Così svolazzò un po’ più in alto, lontano dalla festa, e diede un’occhiata in giro.

Accidenti! Pensavo che tutto il mondo fosse in festa per l mio arrivo, ma non è mica così.

Guarda laggiù: non hanno niente per brindare, e neanche da mangiare.

E guarda là! C’è la guerra, i bambini muoiono sotto i bombardamenti.

Non hanno certo voglia, né tempo, per festeggiare il mio arrivo.

Guardando guardando scoprì che quella festa che pensava fosse universale riguardava un numero piccolissimo di persone, anche se facevano una confusione notevole, mentre tanti non avevano da mangiare, erano in guerra, o in fuga a casa della guerra, della fame, della siccità.

Tutto questo lo rese molto triste e così si mise a fare tanti buoni propositi su quello che avrebbe realizzato nel tempo a sua disposizione. Certo, la lista era lunga, ma gli sembrava di avere tutto il tempo del mondo!

Si mise anche ad ascoltare le persone intorno a lui. Erano piene di sogni, desideri, aspettative, facevano bellissimi progetti e promesse.

, pensò, io mi impegnerò al massimo, ma sono sicuro di farcela. Tutta questa gente vuole cambiamenti in meglio per sé e per il mondo. Mi hanno insegnato che l’unione fa la forza, e certamente tutti insieme possiamo rendere il mondo un posto migliore.

Quanto entusiasmo – pensava. Chissà perché Anno Vecchio era così triste. Forse si sentiva di aver fallito.

Mano a mano passavano i giorno, i mesi. Ogni tanto saliva sulla sua nuvola e si guardava in giro.

Non cambiava nulla!

Allora andava a cercare le persone di cui aveva ascoltato i buoni propositi, ma non stavano facendo nulla. E sì che li aveva proprio sentiti far promesse, e come erano convinti, pieni di buona volontà.

Si stava proprio demoralizzando.


Un giorno decise di prendere una specie di vacanza in un posto tranquillo.

Anno Vecchio gli aveva confidato che c’era un bellissimo lago, in montagna, dove andava ogni tanto a rilassarsi. Così decise di andare anche lui.

Ma che angoscia! Lo trovò pieno di robaccia, e inquinato.

Si allontanò, tristissimo, e trovò un altro lago, un po’ più piccolo, ma davvero bellissimo, e si rinfrancò. Quante storie ho fatto – pensò. La civiltà deve andare avanti, l’industria deve produrre. Anche se un lago si rovina, ce ne sono altri e sono altrettanto belli.


In quel momento vide la sua immagine riflessa nelle acque del lago e si accorse che stava diventando vecchio e curvo, con gli occhi tristi, proprio come aveva visto Anno Vecchio, e sentì alcune persone vicino a lui che dicevano:

Non vedo l’ora che questo anno orribile finisca! Il prossimo sarà sicuramente meglio, anche perché peggio di così non può andare!

Era davvero abbacchiato, e anche un po’ disperato.

Si chiese cosa poteva fare e pensò che, in fondo, gli era rimasto davvero poco tempo. Ma ecco che improvvisamente gli cadde in testa un libro. Lo aprì a caso e lesse una frase

Sapete, alla fine, l’unico cambiamento in grado di fare la differenza è la trasformazione del cuore umano (Joseph Jaworki – Presence).

Ebbe, improvvisamente, un’illuminazione. Posso fare tutto! Adesso so davvero come fare!

Non c’è bisogno di inventare nulla: basterà far sì che ciascuno riscopra il suo cuore bambino, quando era aperto, disponibile, fantasioso, quando bastava nulla per essere felice. Sono gli adulti quelli che insegnano la guerra, i pregiudizi, il razzismo. I bambini sono coraggiosi, accoglienti.

, disse, ce la posso fare. E se io non riuscirò a completare l’opera, dirò al prossimo anno nuovo cosa fare, e poi lo diremo all’anno successivo, o a quello dopo ancora, fino a quando tutti, in tutto il mondo, sapranno aver cura dei bambini e del loro bambino interiore.

E un giorno riusciremo.

Autore: Carla Fiorentini 14 dicembre 2025
Durante questo 2025 mi sono chiesta più volte se avevo sbagliato qualcosa nell’interpretare l’I Ching per l’anno. Poi mi sono chiesta se c’era qualcosa che non avevo capito.
Autore: Carla Fiorentini 7 dicembre 2025
La comunicazione è cambiata, tanto, negli anni…
Autore: Carla Fiorentini 30 novembre 2025
La programmazione neurolinguistica identifica 4 posizioni percettive: parliamo della seconda
30 novembre 2025
Sanità che cambia
Autore: Carla Fiorentini 29 novembre 2025
La diagnosi di una malattia grave dà inizio ad un vero viaggio dell’eroe.
Autore: Carla Fiorentini 23 novembre 2025
La definizione di “ relazione di aiuto ” nasce nel 1951 quando Carl Rogers nel 1951 specificò che si tratta di " una relazione in cui almeno uno dei due protagonisti ha lo scopo di promuovere nell'altro la crescita, lo sviluppo, la maturità ed il raggiungimento di un modo di agire più adeguato e integrato ”. Carl Rogers è il fondatore del counseling . C’è spesso confusione tra relazione educativa e relazione di aiuto ma la confusione, a mio avviso, nasce in buona parte dal fatto che chi molto di quanto è stato scritto per argomentare le due tipologie di relazione nasce in ambito universitario e didattico, interessandosi più degli aspetti istituzionali che del lato pratico. Certamente chi educa aiuta, e chi aiuta educa , ma se ci riferiamo ad un contesto ben preciso, come quello dell’attività professionale quotidiana di un farmacista, ci sono alcune differenze molto specifiche. Ma in sostanza, serve davvero al farmacista conoscere le differenze? Il farmacista, in termini di comunicazione, svolge diversi ruoli e necessita di estrema flessibilità per passare da un ruolo all’altro o, meglio, per mettere in campo ogni volta le specifiche competenze che sono più utili. Per far meglio il proprio lavoro, o per affaticarsi meno nel farlo, è dunque utile conoscere e familiarizzare con i concetti basilari e le tecniche proprie di uno o dell’altro ruolo. Mi spiego meglio. Il farmacista vende . Non salute, ma prodotti. Le tecniche di vendita gli servono dunque per vendere meglio e anche per acquistare meglio, o saper controbattere ai venditori che incontra. Il farmacista consiglia . Il farmacista supporta il paziente e il medico per ottenere la massima adesione alle terapie. Il farmacista ha un importante ruolo sociale per migliorare salute e qualità di vita della popolazione. Le cose si complicano. Le tecniche di vendita non servono più, e in realtà non servono nemmeno quando il farmacista vuole passare dal puro atto di vendita alla più redditizia fidelizzazione del cliente. Ipotizziamo tre diverse situazioni, molto comuni nell’attività quotidiana. Il cliente presenta una prescrizione medica un po’ complessa e chiede aiuto per meglio comprendere e ricordare la posologia e la durata della terapia. In questo caso è ottimale far ricorso a tecniche di coaching , strumenti finalizzati al raggiungimento di uno specifico obiettivo. Il cliente ha un problema, non sa che fare, vuole suggerimenti e consigli, non sa neanche se andare dal medico o no. È preoccupato, ma confuso. È la classica situazione della relazione di aiuto. Il cliente ha un problema di salute. È sotto controllo medico, ma ha letto su qualche sito un po’ di tutto, sa che deve modificare il suo stile di vita o la sua alimentazione. Qui il farmacista passa al ruolo di educatore sanitario : chiarisce i dubbi, elimina le sciocchezze, fornisce suggerimenti. Ma quali sono le tecniche, le regole del gioco nei diversi ruoli? Un po’ di pazienza …
Autore: Carla Fiorentini 23 novembre 2025
Harry vince la battaglia finale, ma ha vinto molto prima
Autore: Carla Fiorentini 16 novembre 2025
Che succede 10 anni dopo la diagnosi?
Autore: Carla Fiorentini 8 novembre 2025
Analizzando le problematiche della relazione medico-paziente oggi, ho ritrovato questo articolo scritto circa 5 anni fa. MOLTO è cambiato in questi anni, e quasi non ce ne siamo resi conto o, meglio, non ne sono consapevoli molti di quelli che dovrebbero gestire il problema. Comincio quindi ripubblicando questo articolo, a cui seguiranno le considerazioni più aggiornate. Un tempo, tanti anni fa, il medico di famiglia era il depositario delle conoscenze sulla salute dell’intera famiglia. Ed era anche, a parte i casi in cui diventava necessaria l’ospedalizzazione, l’unico medico con cui si aveva a che fare per la maggior parte dei problemi di salute. Raccontarlo oggi sembra di parlare di preistoria! Per essere pienamente corretta devo dire che si trovano ancora medici di famiglia, soprattutto nei piccoli paesi: in città è molto più difficile. Poi, per decenni, ci siamo rivolti agli specialisti e la fiducia del paziente si è trasferita nelle medicine e nella tecnologia diagnostica più ancora che nella figura del medico. Oggi sembra che siamo alle soglie di una nuova rivoluzione, che riguarda anche (o forse soprattutto) il medico di famiglia. Non si tratta di una rivoluzione tecnologica: è in gioco anche quella, ma riguarda più il sistema sanitario che il rapporto medico – paziente. Ciò che sta cambiando è più complesso, più profondo e, soprattutto, sistemico. Gli attori sono le malattie, soprattutto quelle gravi (le percentuali di incremento di alcune forme si tumore sono impressionanti, ma altrettanto vale per le guarigioni da molte forme di cancro), le nuove scoperte sulla psiconeuroimmunoematologia, internet, il paziente e i medici: siamo tutti coinvolti. In questi cambiamenti il sistema sanitario è un attore marginale e, soprattutto ora, è un elemento di burocrazia e di controllo economico, spesso nemico del benessere, spesso in ritardo, spesso fonte di complicazioni. Sono stati spesi fiumi di inchiostro per esaminare, condannare o esaltare il web come fonte di informazioni sulla salute. Qualunque malattia, o terapia, venga digitata, si trovano in pochi secondi migliaia di fonti di informazione, milioni di notizie, vere, verosimili, false, spesso in contrasto tra loro. Così il web come fonte di informazioni, come sostituto del medico di famiglia, si sta autodistruggendo. Quello strano elemento, che per anni è stato identificato come nemico dalla classe medica, è pronto per autodistruggersi. Già, perché quando il problema di salute è serio, la situazione è grave, si desiderano notizie certe: serve un punto di riferimento “sicuro”. Ovvio, a fronte di una diagnosi di tumore è l’oncologo il riferimento primario. Ma non basta. Serve una persona di famiglia, in cui si ha piena fiducia, a cui rivolgersi in ogni momento, a cui poter chiedere le cose più disparate: qualcuno che tenga i fili della complessità tra diagnosi, terapia, esami, effetti indesiderati, cambiamento di stile di vita, alimentazione, integratori, paure, ansie, dubbi. Solo il medico di famiglia può essere quel giocoliere competente, ma non tecnico super esperto, che può aiutarci nel giorno per giorno. Quindi cerchiamo nuovamente quel medico saggio, disponibile, competente, attento, dotato di estremo buon senso, capace di parlarci nel modo giusto al momento giusto. Io ne conosco alcuni: so che ci sono. Non possono essere sostituiti da nessun motore di ricerca. Sono impagabili, e fanno la differenza. Questo articolo è stato scritto un paio di anni fa. Rivedendolo oggi, sorrido e rabbrividisco. Sì, perché se c'è una cosa, in mezzo a milioni di incertezze, che la pandemia mi ha confermato con assoluta certezza è che il medico di famiglia, quello vero, forse un po' obsoleto secondo alcuni, fa davvero la differenza, in meglio.
Autore: Carla Fiorentini 8 novembre 2025
Spesso a diagnosi di malattia grave fa scattare l’inizio di percorso di gestione dell’esperienza, di un viaggio dell’eroe. Portare a termina il nostro viaggio, iniziato con la diagnosi, fa vincere un premio molto speciale.
Show More