Ancora mal di testa

Costruzioni linguistiche "particolari" e specifica tecnica di risposta

Storia
  • Buon giorno, dottoressa. Ho un mal di testa infernale. Mi può dare qualcosa di molto potente?
  • Come Lei sa, per alcuni farmaci c’è bisogno della prescrizione medica. Ma se Lei mi aiuta a capire meglio il suo problema, sono sicura di poterla aiutare. 
  • Grazie perché sto davvero malissimo. E quel che è peggio è che ormai ho sempre mal di testa. Mi sembra che mi si spacchi in due. Ho fatto di tutto, ho preso tutti i farmaci possibili, ma non è servito a nulla. Mi aiuti lei!
  • Guardi, sono sicura che il suo mal di testa è più inteso in un punto preciso, o è iniziato da un punto preciso. Mi sa dire esattamente quale?
  • Ma sì, forse sì, dalla nuca.
  • E ci sono momenti precisi o situazioni particolari in cui si attenua un po’, o si intensifica maggiormente?
  • Ma, non so, mi sembra sempre uguale. Però forse al mattino è peggio, e più o meno a quest’ora, a metà pomeriggio, peggiora. Invece è un po’ meglio la sera, anche se non molto. 
  • Guardi, io farei così. Le do un farmaco per il mal di testa. È nuovo e per mia esperienza è molto efficace. Però le aggiungerei alcuni prodotti che da soli non le servirebbero, ma creano una sinergia. Le compresse di valeriana l’aiuteranno a dormire e le riducono un po’ lo stress: con il dolore è inevitabile essere stressati. E poi un antinfiammatorio locale da spalmare nel punto più doloroso: rinfresca e riduce l’infiammazione. E per completare queste pastiglie che aiutano la digestione, visto che il dolore aumenta nel pomeriggio potrebbe esserci una componente di difficoltà a digerire. Mi faccia sapere nei prossimi giorni, ma se tra qualche giorno sta ancora così male vada dal medico.
Domande
  • Il cliente si esprime usando costruzioni linguistiche particolari. Quali?
  • La farmacista usa alcune tecniche. Quali?
Risposte
Il cliente si esprime usando costruzioni linguistiche particolari. Quali?
    Il cliente usa diverse generalizzazioni
  • sto davvero malissimo. 
  • ho sempre mal di testa. 
  • Ho fatto di tutto, 
  • ho preso tutti i farmaci possibili, 
  • non è servito a nulla.
La generalizzazione è un meccanismo di elaborazione delle esperienze a cui corrispondono espressioni linguistiche ben precise.
La generalizzazione permette di organizzare il mondo in categorie omogenee ed è un meccanismo di semplificazione finalizzato ad un immediato utilizzo dell’esperienza, e alla sua memorizzazione.
Se non fossimo capaci di generalizzare ogni esperienza sarebbe interamente nuova, e non avremmo la possibilità di memorizzare e riutilizzare le esperienze fatte in passato.
La generalizzazione ci permette, ad esempio, di salire una scala qualunque essa sia, dopo aver appreso come salire un gradino.
La generalizzazione si esprime attraverso alcune riconoscibili espressioni generiche come l’uso del mai, sempre, tutti, nessuno, chiunque, o attraverso l’uso dei verbi modali.
La generalizzazione è utile, ma talvolta, come in questo caso, può essere necessario escludere le generalizzazioni e far riferimento alla singola esperienza per poterla affrontare.
La farmacista usa alcune tecniche. Quali?
Il farmacista reagisce alle generalizzazioni del cliente tramite l’uso del metamodello, una tecnica che induce a passare dalla struttura superficiale del linguaggio alla struttura profonda, mediante richiesta specifica.
  • Guardi, sono sicura che il suo mal di testa è più inteso in un punto preciso, o è iniziato da un punto preciso. Mi sa dire esattamente quale?
  • E ci sono momenti precisi o situazioni particolari in cui si attenua un po’, o si intensifica maggiormente?
Nella pratica il metamodello si attua chiedendo espressamente:
  • Chi
  • Cosa
  • Dove
  • Come
  • Quando
abbinandolo ad un’espressione di massima precisione (esattamente, specificatamente, di preciso, nei particolari) ogni volta che l’espressione generica impedisce l’accesso a dettagli importanti.

Infine il farmacista applica i concetti di fidelizzazione del cliente definendo con chiarezza i suoi bisogni e guidandolo verso una loro probabile soddisfazione e, tramite la fidelizzazione, effettua il cross selling.

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La definizione di “ relazione di aiuto ” nasce nel 1951 quando Carl Rogers nel 1951 specificò che si tratta di " una relazione in cui almeno uno dei due protagonisti ha lo scopo di promuovere nell'altro la crescita, lo sviluppo, la maturità ed il raggiungimento di un modo di agire più adeguato e integrato ”. Carl Rogers è il fondatore del counseling . C’è spesso confusione tra relazione educativa e relazione di aiuto ma la confusione, a mio avviso, nasce in buona parte dal fatto che chi molto di quanto è stato scritto per argomentare le due tipologie di relazione nasce in ambito universitario e didattico, interessandosi più degli aspetti istituzionali che del lato pratico. Certamente chi educa aiuta, e chi aiuta educa , ma se ci riferiamo ad un contesto ben preciso, come quello dell’attività professionale quotidiana di un farmacista, ci sono alcune differenze molto specifiche. Ma in sostanza, serve davvero al farmacista conoscere le differenze? Il farmacista, in termini di comunicazione, svolge diversi ruoli e necessita di estrema flessibilità per passare da un ruolo all’altro o, meglio, per mettere in campo ogni volta le specifiche competenze che sono più utili. Per far meglio il proprio lavoro, o per affaticarsi meno nel farlo, è dunque utile conoscere e familiarizzare con i concetti basilari e le tecniche proprie di uno o dell’altro ruolo. Mi spiego meglio. Il farmacista vende . Non salute, ma prodotti. Le tecniche di vendita gli servono dunque per vendere meglio e anche per acquistare meglio, o saper controbattere ai venditori che incontra. Il farmacista consiglia . Il farmacista supporta il paziente e il medico per ottenere la massima adesione alle terapie. Il farmacista ha un importante ruolo sociale per migliorare salute e qualità di vita della popolazione. Le cose si complicano. Le tecniche di vendita non servono più, e in realtà non servono nemmeno quando il farmacista vuole passare dal puro atto di vendita alla più redditizia fidelizzazione del cliente. Ipotizziamo tre diverse situazioni, molto comuni nell’attività quotidiana. Il cliente presenta una prescrizione medica un po’ complessa e chiede aiuto per meglio comprendere e ricordare la posologia e la durata della terapia. In questo caso è ottimale far ricorso a tecniche di coaching , strumenti finalizzati al raggiungimento di uno specifico obiettivo. Il cliente ha un problema, non sa che fare, vuole suggerimenti e consigli, non sa neanche se andare dal medico o no. È preoccupato, ma confuso. È la classica situazione della relazione di aiuto. Il cliente ha un problema di salute. È sotto controllo medico, ma ha letto su qualche sito un po’ di tutto, sa che deve modificare il suo stile di vita o la sua alimentazione. Qui il farmacista passa al ruolo di educatore sanitario : chiarisce i dubbi, elimina le sciocchezze, fornisce suggerimenti. Ma quali sono le tecniche, le regole del gioco nei diversi ruoli? Un po’ di pazienza …
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Analizzando le problematiche della relazione medico-paziente oggi, ho ritrovato questo articolo scritto circa 5 anni fa. MOLTO è cambiato in questi anni, e quasi non ce ne siamo resi conto o, meglio, non ne sono consapevoli molti di quelli che dovrebbero gestire il problema. Comincio quindi ripubblicando questo articolo, a cui seguiranno le considerazioni più aggiornate. Un tempo, tanti anni fa, il medico di famiglia era il depositario delle conoscenze sulla salute dell’intera famiglia. Ed era anche, a parte i casi in cui diventava necessaria l’ospedalizzazione, l’unico medico con cui si aveva a che fare per la maggior parte dei problemi di salute. Raccontarlo oggi sembra di parlare di preistoria! Per essere pienamente corretta devo dire che si trovano ancora medici di famiglia, soprattutto nei piccoli paesi: in città è molto più difficile. Poi, per decenni, ci siamo rivolti agli specialisti e la fiducia del paziente si è trasferita nelle medicine e nella tecnologia diagnostica più ancora che nella figura del medico. Oggi sembra che siamo alle soglie di una nuova rivoluzione, che riguarda anche (o forse soprattutto) il medico di famiglia. Non si tratta di una rivoluzione tecnologica: è in gioco anche quella, ma riguarda più il sistema sanitario che il rapporto medico – paziente. Ciò che sta cambiando è più complesso, più profondo e, soprattutto, sistemico. Gli attori sono le malattie, soprattutto quelle gravi (le percentuali di incremento di alcune forme si tumore sono impressionanti, ma altrettanto vale per le guarigioni da molte forme di cancro), le nuove scoperte sulla psiconeuroimmunoematologia, internet, il paziente e i medici: siamo tutti coinvolti. In questi cambiamenti il sistema sanitario è un attore marginale e, soprattutto ora, è un elemento di burocrazia e di controllo economico, spesso nemico del benessere, spesso in ritardo, spesso fonte di complicazioni. Sono stati spesi fiumi di inchiostro per esaminare, condannare o esaltare il web come fonte di informazioni sulla salute. Qualunque malattia, o terapia, venga digitata, si trovano in pochi secondi migliaia di fonti di informazione, milioni di notizie, vere, verosimili, false, spesso in contrasto tra loro. Così il web come fonte di informazioni, come sostituto del medico di famiglia, si sta autodistruggendo. Quello strano elemento, che per anni è stato identificato come nemico dalla classe medica, è pronto per autodistruggersi. Già, perché quando il problema di salute è serio, la situazione è grave, si desiderano notizie certe: serve un punto di riferimento “sicuro”. Ovvio, a fronte di una diagnosi di tumore è l’oncologo il riferimento primario. Ma non basta. Serve una persona di famiglia, in cui si ha piena fiducia, a cui rivolgersi in ogni momento, a cui poter chiedere le cose più disparate: qualcuno che tenga i fili della complessità tra diagnosi, terapia, esami, effetti indesiderati, cambiamento di stile di vita, alimentazione, integratori, paure, ansie, dubbi. Solo il medico di famiglia può essere quel giocoliere competente, ma non tecnico super esperto, che può aiutarci nel giorno per giorno. Quindi cerchiamo nuovamente quel medico saggio, disponibile, competente, attento, dotato di estremo buon senso, capace di parlarci nel modo giusto al momento giusto. Io ne conosco alcuni: so che ci sono. Non possono essere sostituiti da nessun motore di ricerca. Sono impagabili, e fanno la differenza. Questo articolo è stato scritto un paio di anni fa. Rivedendolo oggi, sorrido e rabbrividisco. Sì, perché se c'è una cosa, in mezzo a milioni di incertezze, che la pandemia mi ha confermato con assoluta certezza è che il medico di famiglia, quello vero, forse un po' obsoleto secondo alcuni, fa davvero la differenza, in meglio.
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