Dov'è la salute?

Riflessioni sul ruolo della salute nella vita

Il rapporto con il medico, con il farmacista, e con la medicina in genere è anche fortemente influenzato dal valore che ciascuno dà alla propria salute.

Le possibilità sono infinite, e non potrei valutarle e considerarle tutte, e probabilmente non servirebbe. Ciascuno di noi ha comunque una sfumatura, un particolare, che lo rende unico e irripetibile.
Ma si possono fare alcune riflessioni di carattere generale.
  • Qualcuno considera rigorosamente separati i concetti di salute e benessere psicofisico, e vede in due mondi diversi la salute e la qualità di vita.
Al di là del fatto che la stessa organizzazione mondiale della sanità (OMS) definisce la salute come “Stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non semplicemente di assenza di malattia o infermità”, questa distinzione tra salute e benessere, o tra salute e qualità di vita, può portare a trascurare alcuni accorgimenti importanti.
E, spesso, chi opera questa distinzione chiede poi al medico di guarirlo da intervenute malattia, senza però fare nulla per evitare o ridurre comportamenti che nella pratica quotidiana creano o peggiorano le malattie stesse.
Tipico di questa distinzione sono le persone che manifestano il loro malessere nell’ambito della qualità di vita attraverso malattie vere, ma di origine psicosomatica.
  • Qualcuno ritiene la salute il valore principale della sua vita, come se una qualunque malattia impedisse ogni attività.
Alcune di queste persone diventano ossessionate dalla prevenzione, dall'igiene, dal salutismo. Altre invece sviluppano terrori inutili, e basta una digestione difficile per pensare ad un tumore allo stomaco. Quindi probabilmente stresseranno il medico per qualunque sciocchezza, a rischio di non essere poi ascoltati o presi sul serio.
Gli eccessi, in un senso o nell’altro, creano spesso problemi e difficoltà.
Ma basta non arrivare agli eccessi, e ogni posizione è valida e accettabile. Ma, come per qualunque aspetto, conoscere se stessi, il proprio modo di pensare e di ragionare, e si riesce a far fronte ai problemi, e ad essere flessibili.
Quindi vale la pena pensarci un po’ su. Per ragionare sull’importanza che si dà alla propria salute si possono fare diversi esercizi.
Il più semplice, ma con buoni risultati, è quello che si fa nell’ambito del coaching: identificare di cosa è composta la propria vita.
È sufficiente fare un elenco, riflettendo sulla propria vita.
Potranno comparire varie voci: amici, famiglia, lavoro, hobby, sport, salute, denaro, … 
Buttate giù un primo elenco di getto, poi fermatevi a riflettere se davvero l’elenco comprende tutti gli elementi, e aggiungete man mano quello che mancava (dal primo elenco manca sempre qualcosa).
Poi mettete le diverse voci in ordine di importanza.
Infine inserite un “voto” su quanto, in questo momento, siete soddisfatti dei quel particolare aspetto della vostra vita.
E ora che avete scoperto se e dove collocate la salute, se lo desiderate potete agire di conseguenza.
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La definizione di “ relazione di aiuto ” nasce nel 1951 quando Carl Rogers nel 1951 specificò che si tratta di " una relazione in cui almeno uno dei due protagonisti ha lo scopo di promuovere nell'altro la crescita, lo sviluppo, la maturità ed il raggiungimento di un modo di agire più adeguato e integrato ”. Carl Rogers è il fondatore del counseling . C’è spesso confusione tra relazione educativa e relazione di aiuto ma la confusione, a mio avviso, nasce in buona parte dal fatto che chi molto di quanto è stato scritto per argomentare le due tipologie di relazione nasce in ambito universitario e didattico, interessandosi più degli aspetti istituzionali che del lato pratico. Certamente chi educa aiuta, e chi aiuta educa , ma se ci riferiamo ad un contesto ben preciso, come quello dell’attività professionale quotidiana di un farmacista, ci sono alcune differenze molto specifiche. Ma in sostanza, serve davvero al farmacista conoscere le differenze? Il farmacista, in termini di comunicazione, svolge diversi ruoli e necessita di estrema flessibilità per passare da un ruolo all’altro o, meglio, per mettere in campo ogni volta le specifiche competenze che sono più utili. Per far meglio il proprio lavoro, o per affaticarsi meno nel farlo, è dunque utile conoscere e familiarizzare con i concetti basilari e le tecniche proprie di uno o dell’altro ruolo. Mi spiego meglio. Il farmacista vende . Non salute, ma prodotti. Le tecniche di vendita gli servono dunque per vendere meglio e anche per acquistare meglio, o saper controbattere ai venditori che incontra. Il farmacista consiglia . Il farmacista supporta il paziente e il medico per ottenere la massima adesione alle terapie. Il farmacista ha un importante ruolo sociale per migliorare salute e qualità di vita della popolazione. Le cose si complicano. Le tecniche di vendita non servono più, e in realtà non servono nemmeno quando il farmacista vuole passare dal puro atto di vendita alla più redditizia fidelizzazione del cliente. Ipotizziamo tre diverse situazioni, molto comuni nell’attività quotidiana. Il cliente presenta una prescrizione medica un po’ complessa e chiede aiuto per meglio comprendere e ricordare la posologia e la durata della terapia. In questo caso è ottimale far ricorso a tecniche di coaching , strumenti finalizzati al raggiungimento di uno specifico obiettivo. Il cliente ha un problema, non sa che fare, vuole suggerimenti e consigli, non sa neanche se andare dal medico o no. È preoccupato, ma confuso. È la classica situazione della relazione di aiuto. Il cliente ha un problema di salute. È sotto controllo medico, ma ha letto su qualche sito un po’ di tutto, sa che deve modificare il suo stile di vita o la sua alimentazione. Qui il farmacista passa al ruolo di educatore sanitario : chiarisce i dubbi, elimina le sciocchezze, fornisce suggerimenti. Ma quali sono le tecniche, le regole del gioco nei diversi ruoli? Un po’ di pazienza …
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Analizzando le problematiche della relazione medico-paziente oggi, ho ritrovato questo articolo scritto circa 5 anni fa. MOLTO è cambiato in questi anni, e quasi non ce ne siamo resi conto o, meglio, non ne sono consapevoli molti di quelli che dovrebbero gestire il problema. Comincio quindi ripubblicando questo articolo, a cui seguiranno le considerazioni più aggiornate. Un tempo, tanti anni fa, il medico di famiglia era il depositario delle conoscenze sulla salute dell’intera famiglia. Ed era anche, a parte i casi in cui diventava necessaria l’ospedalizzazione, l’unico medico con cui si aveva a che fare per la maggior parte dei problemi di salute. Raccontarlo oggi sembra di parlare di preistoria! Per essere pienamente corretta devo dire che si trovano ancora medici di famiglia, soprattutto nei piccoli paesi: in città è molto più difficile. Poi, per decenni, ci siamo rivolti agli specialisti e la fiducia del paziente si è trasferita nelle medicine e nella tecnologia diagnostica più ancora che nella figura del medico. Oggi sembra che siamo alle soglie di una nuova rivoluzione, che riguarda anche (o forse soprattutto) il medico di famiglia. Non si tratta di una rivoluzione tecnologica: è in gioco anche quella, ma riguarda più il sistema sanitario che il rapporto medico – paziente. Ciò che sta cambiando è più complesso, più profondo e, soprattutto, sistemico. Gli attori sono le malattie, soprattutto quelle gravi (le percentuali di incremento di alcune forme si tumore sono impressionanti, ma altrettanto vale per le guarigioni da molte forme di cancro), le nuove scoperte sulla psiconeuroimmunoematologia, internet, il paziente e i medici: siamo tutti coinvolti. In questi cambiamenti il sistema sanitario è un attore marginale e, soprattutto ora, è un elemento di burocrazia e di controllo economico, spesso nemico del benessere, spesso in ritardo, spesso fonte di complicazioni. Sono stati spesi fiumi di inchiostro per esaminare, condannare o esaltare il web come fonte di informazioni sulla salute. Qualunque malattia, o terapia, venga digitata, si trovano in pochi secondi migliaia di fonti di informazione, milioni di notizie, vere, verosimili, false, spesso in contrasto tra loro. Così il web come fonte di informazioni, come sostituto del medico di famiglia, si sta autodistruggendo. Quello strano elemento, che per anni è stato identificato come nemico dalla classe medica, è pronto per autodistruggersi. Già, perché quando il problema di salute è serio, la situazione è grave, si desiderano notizie certe: serve un punto di riferimento “sicuro”. Ovvio, a fronte di una diagnosi di tumore è l’oncologo il riferimento primario. Ma non basta. Serve una persona di famiglia, in cui si ha piena fiducia, a cui rivolgersi in ogni momento, a cui poter chiedere le cose più disparate: qualcuno che tenga i fili della complessità tra diagnosi, terapia, esami, effetti indesiderati, cambiamento di stile di vita, alimentazione, integratori, paure, ansie, dubbi. Solo il medico di famiglia può essere quel giocoliere competente, ma non tecnico super esperto, che può aiutarci nel giorno per giorno. Quindi cerchiamo nuovamente quel medico saggio, disponibile, competente, attento, dotato di estremo buon senso, capace di parlarci nel modo giusto al momento giusto. Io ne conosco alcuni: so che ci sono. Non possono essere sostituiti da nessun motore di ricerca. Sono impagabili, e fanno la differenza. Questo articolo è stato scritto un paio di anni fa. Rivedendolo oggi, sorrido e rabbrividisco. Sì, perché se c'è una cosa, in mezzo a milioni di incertezze, che la pandemia mi ha confermato con assoluta certezza è che il medico di famiglia, quello vero, forse un po' obsoleto secondo alcuni, fa davvero la differenza, in meglio.
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