Ce la posso fare con Quattro passi in galleria

Portata a termine un’altra serata, l’ultima, del ciclo Gestire le esperienze difficili

Il 18 giugno abbiamo fatto l’ultima serata del ciclo Gestire le esperienze difficili: eravamo tanti. Il tema dell’incontro, Quattro passi in galleria: ce la posso fare, erano alcune considerazioni importanti sul viaggio dell’eroe, lo strumento più efficace proprio per gestire le esperienze, e in particolare cosa accade quando si rimane sostanzialmente bloccato durante il viaggio e cosa possiamo fare per facilitare i passaggi da un archetipo all’altro.

Ho volutamente lasciato questa parte al termine dell’intero ciclo perché permette di riepilogare, e perché ho desiderato dare pieno spazio, prima, a molti strumenti pratici e semplici da mettere in pratica: un passo alla volta, e poi il compendio finale.

Siamo arrivati alla fine di un percorso iniziato ad aprile del 2019, un ciclo che mi ha visto impegnata in tanti incontri, ma, soprattutto, in tante preparazioni degli incontri. Un buona e valida regola per parlare in pubblico è quella di dedicare almeno due ore di preparazione per ogni ora di presentazione: confesso che io ci metto un po’ di più (quasi 3 ore di preparazione per ogni ora di lezione).

Avevo già lavorato molto sull’argomento gestione delle esperienze difficili, prima su di me per elaborare le mie esperienze, poi per scrivere i due libri dedicati all’argomento: Quattro passi in galleria – quando non vedi la fine del tunnel, arredalo e L’eroe e il paziente, ma questa è stata la prima volte che mi sono avventurata in aula. Un prototipo, dunque, e una messa a punto.

Questa avventura mi ha permesso di sperimentare e differenziare, e ora quello che era il progetto di un corso è diventato il progetto di diversi percorsi dedicati.

La prima, concreta, espansione dell’avventura è iniziata: Orientare le vele, in collaborazione con Digital Bench, un percorso di 16 puntate dedicato alla gestione delle esperienze difficili con un taglio specifico sul Covid: esperienza sicuramente difficile, sia personale che collettiva, che credo sia necessario elaborare e digerire. Il format prevede che i primi 15 minuti di ogni lezione siano disponibili sui social (Youtube, Facebook e Linkedin) poi, chi vorrà approfondire e andare avanti, necessita l’iscrizione.

E non mi fermerò qui, ma il seguito alle prossime puntate.
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La definizione di “ relazione di aiuto ” nasce nel 1951 quando Carl Rogers nel 1951 specificò che si tratta di " una relazione in cui almeno uno dei due protagonisti ha lo scopo di promuovere nell'altro la crescita, lo sviluppo, la maturità ed il raggiungimento di un modo di agire più adeguato e integrato ”. Carl Rogers è il fondatore del counseling . C’è spesso confusione tra relazione educativa e relazione di aiuto ma la confusione, a mio avviso, nasce in buona parte dal fatto che chi molto di quanto è stato scritto per argomentare le due tipologie di relazione nasce in ambito universitario e didattico, interessandosi più degli aspetti istituzionali che del lato pratico. Certamente chi educa aiuta, e chi aiuta educa , ma se ci riferiamo ad un contesto ben preciso, come quello dell’attività professionale quotidiana di un farmacista, ci sono alcune differenze molto specifiche. Ma in sostanza, serve davvero al farmacista conoscere le differenze? Il farmacista, in termini di comunicazione, svolge diversi ruoli e necessita di estrema flessibilità per passare da un ruolo all’altro o, meglio, per mettere in campo ogni volta le specifiche competenze che sono più utili. Per far meglio il proprio lavoro, o per affaticarsi meno nel farlo, è dunque utile conoscere e familiarizzare con i concetti basilari e le tecniche proprie di uno o dell’altro ruolo. Mi spiego meglio. Il farmacista vende . Non salute, ma prodotti. Le tecniche di vendita gli servono dunque per vendere meglio e anche per acquistare meglio, o saper controbattere ai venditori che incontra. Il farmacista consiglia . Il farmacista supporta il paziente e il medico per ottenere la massima adesione alle terapie. Il farmacista ha un importante ruolo sociale per migliorare salute e qualità di vita della popolazione. Le cose si complicano. Le tecniche di vendita non servono più, e in realtà non servono nemmeno quando il farmacista vuole passare dal puro atto di vendita alla più redditizia fidelizzazione del cliente. Ipotizziamo tre diverse situazioni, molto comuni nell’attività quotidiana. Il cliente presenta una prescrizione medica un po’ complessa e chiede aiuto per meglio comprendere e ricordare la posologia e la durata della terapia. In questo caso è ottimale far ricorso a tecniche di coaching , strumenti finalizzati al raggiungimento di uno specifico obiettivo. Il cliente ha un problema, non sa che fare, vuole suggerimenti e consigli, non sa neanche se andare dal medico o no. È preoccupato, ma confuso. È la classica situazione della relazione di aiuto. Il cliente ha un problema di salute. È sotto controllo medico, ma ha letto su qualche sito un po’ di tutto, sa che deve modificare il suo stile di vita o la sua alimentazione. Qui il farmacista passa al ruolo di educatore sanitario : chiarisce i dubbi, elimina le sciocchezze, fornisce suggerimenti. Ma quali sono le tecniche, le regole del gioco nei diversi ruoli? Un po’ di pazienza …
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