SOFT SKILLS E SAPER ESSERE

Le soft skills e la scuola

Creare il futuro desiderato è una sfida. Una sfida per tutti, insegnanti e studenti. Sviluppare se stessi, saper essere, anche acquisendo alcune soft skills, è una strada per riuscirci.

Tanto per ricordare, vengono definite soft skills le competenze trasversali, proprie della persona, e fanno parte del “saper essere”.

Molti secoli fa culture diverse, e geograficamente molto lontane, sostenevano che il primo compito e la principale responsabilità dell’individuo era “la ricerca della saggezza”. Più era di rilievo il ruolo della persona nella comunità e più doveva dedicare energie a “saper essere”. Ne parlano Platone e Confucio, sono arrivati a noi testi fondamentali come la Kabbalah ebraica e l’I Ching cinese, ma ce ne sono moltissime tracce nei racconti tramandati da altre culture e da altri popoli, e alcuni segnali sono rimasti, ad esempio, nelle favole dove l’Eroe, dopo un lungo e periglioso viaggio sostanzialmente alla ricerca di se stesso, trovava premi e riconoscimenti anche tangibili al suo ritorno.

Poi il percorso dell’umanità ha seguito la via dell’industrializzazione, della tecnologia, e siamo arrivati a quella iperspecializzazione che equivale a sapere moltissimo di piccolissimi argomenti. Non condanno ciò che è avvenuto: credo faccia parte del viaggio dell’eroe collettivo dell’umanità.

Ora però come genere umano siamo “cresciuti”. Molti concordano che stiamo assistendo ad una sorta di risveglio spirituale. Moltissimi sentono la necessità di ri-cercare valori che sembravano sopiti.

  • Leader mondiali di diversi Paesi e diversi settori concordano che per avere un futuro l’umanità intera ha bisogno di trovare nuove armonie. Non si tratta solo di ecologia, anche se lo sviluppo sostenibile è un argomento di vitale importanza.
  • La crisi economica ha dimostrato che abbiamo raggiunto i limiti del cammino che avevamo intrapreso. Tutti gli studi concordano nel dire che, al massimo, bene che vada, possiamo passare i prossimi 3-4 decenni a recuperare il livello economico che avevamo 10 anni fa. Ovviamente questo secondo i criteri di misurazione e valutazione adottati. Io credo che spendere tempo ed energie per “tornare al livello di 10 anni fa” sia uno spreco. Preferisco andare avanti.

E concordo (ma sono in ottima compagnia) che per andare avanti sia necessario imparare a saper essere, come individui e come collettività.

Propongo dunque di riprendere testi, scritti e concetti di secoli fa? Solo in parte. Credo che quelle conoscenze possano servirci da trampolino di lancio. Perché da allora c’è stato un cambiamento profondo: la globalizzazione. Quindi il percorso per il futuro, secondo me, è quello di cercare la saggezza come individui, imparare ciascuno a saper essere, per poi scoprire un nuovo saper essere come collettività. 

Autore: Carla Fiorentini 14 dicembre 2025
Durante questo 2025 mi sono chiesta più volte se avevo sbagliato qualcosa nell’interpretare l’I Ching per l’anno. Poi mi sono chiesta se c’era qualcosa che non avevo capito.
Autore: Carla Fiorentini 7 dicembre 2025
La comunicazione è cambiata, tanto, negli anni…
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30 novembre 2025
Sanità che cambia
Autore: Carla Fiorentini 29 novembre 2025
La diagnosi di una malattia grave dà inizio ad un vero viaggio dell’eroe.
Autore: Carla Fiorentini 23 novembre 2025
La definizione di “ relazione di aiuto ” nasce nel 1951 quando Carl Rogers nel 1951 specificò che si tratta di " una relazione in cui almeno uno dei due protagonisti ha lo scopo di promuovere nell'altro la crescita, lo sviluppo, la maturità ed il raggiungimento di un modo di agire più adeguato e integrato ”. Carl Rogers è il fondatore del counseling . C’è spesso confusione tra relazione educativa e relazione di aiuto ma la confusione, a mio avviso, nasce in buona parte dal fatto che chi molto di quanto è stato scritto per argomentare le due tipologie di relazione nasce in ambito universitario e didattico, interessandosi più degli aspetti istituzionali che del lato pratico. Certamente chi educa aiuta, e chi aiuta educa , ma se ci riferiamo ad un contesto ben preciso, come quello dell’attività professionale quotidiana di un farmacista, ci sono alcune differenze molto specifiche. Ma in sostanza, serve davvero al farmacista conoscere le differenze? Il farmacista, in termini di comunicazione, svolge diversi ruoli e necessita di estrema flessibilità per passare da un ruolo all’altro o, meglio, per mettere in campo ogni volta le specifiche competenze che sono più utili. Per far meglio il proprio lavoro, o per affaticarsi meno nel farlo, è dunque utile conoscere e familiarizzare con i concetti basilari e le tecniche proprie di uno o dell’altro ruolo. Mi spiego meglio. Il farmacista vende . Non salute, ma prodotti. Le tecniche di vendita gli servono dunque per vendere meglio e anche per acquistare meglio, o saper controbattere ai venditori che incontra. Il farmacista consiglia . Il farmacista supporta il paziente e il medico per ottenere la massima adesione alle terapie. Il farmacista ha un importante ruolo sociale per migliorare salute e qualità di vita della popolazione. Le cose si complicano. Le tecniche di vendita non servono più, e in realtà non servono nemmeno quando il farmacista vuole passare dal puro atto di vendita alla più redditizia fidelizzazione del cliente. Ipotizziamo tre diverse situazioni, molto comuni nell’attività quotidiana. Il cliente presenta una prescrizione medica un po’ complessa e chiede aiuto per meglio comprendere e ricordare la posologia e la durata della terapia. In questo caso è ottimale far ricorso a tecniche di coaching , strumenti finalizzati al raggiungimento di uno specifico obiettivo. Il cliente ha un problema, non sa che fare, vuole suggerimenti e consigli, non sa neanche se andare dal medico o no. È preoccupato, ma confuso. È la classica situazione della relazione di aiuto. Il cliente ha un problema di salute. È sotto controllo medico, ma ha letto su qualche sito un po’ di tutto, sa che deve modificare il suo stile di vita o la sua alimentazione. Qui il farmacista passa al ruolo di educatore sanitario : chiarisce i dubbi, elimina le sciocchezze, fornisce suggerimenti. Ma quali sono le tecniche, le regole del gioco nei diversi ruoli? Un po’ di pazienza …
Autore: Carla Fiorentini 23 novembre 2025
Harry vince la battaglia finale, ma ha vinto molto prima
Autore: Carla Fiorentini 16 novembre 2025
Che succede 10 anni dopo la diagnosi?
Autore: Carla Fiorentini 8 novembre 2025
Analizzando le problematiche della relazione medico-paziente oggi, ho ritrovato questo articolo scritto circa 5 anni fa. MOLTO è cambiato in questi anni, e quasi non ce ne siamo resi conto o, meglio, non ne sono consapevoli molti di quelli che dovrebbero gestire il problema. Comincio quindi ripubblicando questo articolo, a cui seguiranno le considerazioni più aggiornate. Un tempo, tanti anni fa, il medico di famiglia era il depositario delle conoscenze sulla salute dell’intera famiglia. Ed era anche, a parte i casi in cui diventava necessaria l’ospedalizzazione, l’unico medico con cui si aveva a che fare per la maggior parte dei problemi di salute. Raccontarlo oggi sembra di parlare di preistoria! Per essere pienamente corretta devo dire che si trovano ancora medici di famiglia, soprattutto nei piccoli paesi: in città è molto più difficile. Poi, per decenni, ci siamo rivolti agli specialisti e la fiducia del paziente si è trasferita nelle medicine e nella tecnologia diagnostica più ancora che nella figura del medico. Oggi sembra che siamo alle soglie di una nuova rivoluzione, che riguarda anche (o forse soprattutto) il medico di famiglia. Non si tratta di una rivoluzione tecnologica: è in gioco anche quella, ma riguarda più il sistema sanitario che il rapporto medico – paziente. Ciò che sta cambiando è più complesso, più profondo e, soprattutto, sistemico. Gli attori sono le malattie, soprattutto quelle gravi (le percentuali di incremento di alcune forme si tumore sono impressionanti, ma altrettanto vale per le guarigioni da molte forme di cancro), le nuove scoperte sulla psiconeuroimmunoematologia, internet, il paziente e i medici: siamo tutti coinvolti. In questi cambiamenti il sistema sanitario è un attore marginale e, soprattutto ora, è un elemento di burocrazia e di controllo economico, spesso nemico del benessere, spesso in ritardo, spesso fonte di complicazioni. Sono stati spesi fiumi di inchiostro per esaminare, condannare o esaltare il web come fonte di informazioni sulla salute. Qualunque malattia, o terapia, venga digitata, si trovano in pochi secondi migliaia di fonti di informazione, milioni di notizie, vere, verosimili, false, spesso in contrasto tra loro. Così il web come fonte di informazioni, come sostituto del medico di famiglia, si sta autodistruggendo. Quello strano elemento, che per anni è stato identificato come nemico dalla classe medica, è pronto per autodistruggersi. Già, perché quando il problema di salute è serio, la situazione è grave, si desiderano notizie certe: serve un punto di riferimento “sicuro”. Ovvio, a fronte di una diagnosi di tumore è l’oncologo il riferimento primario. Ma non basta. Serve una persona di famiglia, in cui si ha piena fiducia, a cui rivolgersi in ogni momento, a cui poter chiedere le cose più disparate: qualcuno che tenga i fili della complessità tra diagnosi, terapia, esami, effetti indesiderati, cambiamento di stile di vita, alimentazione, integratori, paure, ansie, dubbi. Solo il medico di famiglia può essere quel giocoliere competente, ma non tecnico super esperto, che può aiutarci nel giorno per giorno. Quindi cerchiamo nuovamente quel medico saggio, disponibile, competente, attento, dotato di estremo buon senso, capace di parlarci nel modo giusto al momento giusto. Io ne conosco alcuni: so che ci sono. Non possono essere sostituiti da nessun motore di ricerca. Sono impagabili, e fanno la differenza. Questo articolo è stato scritto un paio di anni fa. Rivedendolo oggi, sorrido e rabbrividisco. Sì, perché se c'è una cosa, in mezzo a milioni di incertezze, che la pandemia mi ha confermato con assoluta certezza è che il medico di famiglia, quello vero, forse un po' obsoleto secondo alcuni, fa davvero la differenza, in meglio.
Autore: Carla Fiorentini 8 novembre 2025
Spesso a diagnosi di malattia grave fa scattare l’inizio di percorso di gestione dell’esperienza, di un viaggio dell’eroe. Portare a termina il nostro viaggio, iniziato con la diagnosi, fa vincere un premio molto speciale.
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