Ribaltiamo - L’eroico Ulisse e la paziente Penelope

Ribaltiamo! Hai presente Ulisse, l’eroe, o Penelope, paziente, o Clitennestra, crudele? È proprio tutto qui?

Ribaltiamo! per cambiare prospettiva, guardare il mondo nelle sue sfumature, uscire dalle barriere del bianco-nero e da tutte le dicotomie che ci limitano. Oggi ho voglia di giocare un po’ con alcuni modelli mentali stereotipati che mi trascino dall’infanzia.
Si dice spesso che la storia, anzi: la STORIA venga scritta dai vincitori, e in fondo è proprio così. Ma non c’è solo la storia, anche i profili delle persone, dei simboli, che ci tramandiamo generazione dopo generazione sono, in fondo, solo stereotipi, racconti ben selezionati che rimangono nell’immaginario collettivo.
Gli esempi sono tanti. Comincio da due personaggi classici: Ulisse e Penelope, entrambe simboli di qualcosa che, secondo me, è estremamente discutibile.
Ulisse è un eroe. Più di ogni altro lo ha reso tale Dante. Come non emozionarsi? Come non ammirarlo?
Fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e conoscenza.
Ulisse è furbo, astuto, permette di vincere la guerra di Troia, quasi quasi la vincerebbe da solo se non ci fosse anche Achille, altro mito di eroe. Ulisse sfida l’ignoto, è l’emblema dell’uomo che va oltre. E, anche se non possiamo proprio definirlo fedele, è comunque un simbolo del marito innamorato, che va sì per il mondo, per seguir virtute e conoscenza, ma poi torna a casa, dalla moglie che lo attende, paziente.
C’è un’altra faccia della medaglia, raccontata da scrittori e poeti. Nel bel libro La Torcia Marion Zimmer Bradley ci mostra un Ulisse commerciante, astuto, spesso ospite del re di Troia, quasi amico di famiglia, che contravviene a tutte le leggi dell’ospitalità con l’inganno del cavallo di Troia. Non fa una bella figura!
E poi c’è Dalla con Itaca:
Capitano che hai trovato/ principesse in ogni porto/ pensi mai al rematore/ che sua moglie crede morto?” 
Certo, alla fine del brano anche Dalla torna al mito
capitano che risolvi / con l'astuzia ogni avventura / ti ricordi di un soldato / che ogni volta ha più paura / ma anche la paura in fondo / mi dà sempre un gusto strano / se ci fosse ancora mondo / sono pronto dove andiamo
In fondo il mito ha davvero un fascino, ma non dovrebbe far dimenticare l’altro aspetto di Ulisse: astuto, ingannatore, leader inadeguato poiché nessuno dei suoi marinai è tornato con lui. E che dire dei suoi rapporti con le donne? Ci hanno sempre raccontato di un uomo che rappresenta l’emblema del marito come lo si intendeva in passato, e peccato che molti la pensino ancora così: non importa cosa fa, dove va, quante donne frequenta, è un buon marito perché poi torna dalla moglie.
Infine, caro Ulisse mitologico, la tua vera capacità è stata quella di adattarti al fato, al destino, traendone comunque il meglio e riuscendo a sopravvivere alle avversità. Perché tu non hai scelto granché della tua vita: sei stato il burattino di lotte tra gli dei. 
E Penelope? La saggia e paziente Penelope? 
È un modello dell’educazione femminile con cui siamo cresciute, un mito di attesa, pazienza, fedeltà con cui ci hanno condizionato.
Penelope non è tutta qui, anzi.
Ci sono frammenti di racconti da cui risulta che le vere regine sono le donne: Penelope, Elena e Clitennestra, di stirpe reale e discendenti di dei. Agamennone, Menelao e lo stesso Ulisse sono in fondo dei parvenu, diventati re in virtù del matrimonio che sono riusciti a fare. 
Questa visione dei racconti ci mostra un mondo nel momento del passaggio tra potere femminile e potere maschile, dove Troia stessa rappresenta le ultime vestigia di una civiltà dove le donne avevano un ruolo paritario, se non dominante, e infatti viene difesa dalle Amazzoni. 
Se accettiamo questa versione, Penelope non era solo la reggente di Itaca in assenza di Ulisse, ma ne era la vera regina e, evitando un matrimonio con uno dei proci pretendenti, stava salvaguardando i suoi territori e il suo potere. Forse sì, era profondamente innamorata di Ulisse, o forse preferiva un marito viaggiatore, e poco fra i piedi, rispetto ad uno dei pretendenti che doveva fronteggiare. 
E Clitennestra? Crudele assassina... guarda il video 
Inutile cercare una verità: sia Penelope che Ulisse sono miti, e anche se Troia è realmente esistita, non potremo mai conoscere in termini storici i personaggi che Omero ci ha raccontato.
Ciò che, secondo me, possiamo fare è evitare che gli stereotipi che ci hanno tramandato diventino dominanti al punto di togliere sfaccettature e fascino ai personaggi del mito, ribaltare e sorriderci sopra.

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La definizione di “ relazione di aiuto ” nasce nel 1951 quando Carl Rogers nel 1951 specificò che si tratta di " una relazione in cui almeno uno dei due protagonisti ha lo scopo di promuovere nell'altro la crescita, lo sviluppo, la maturità ed il raggiungimento di un modo di agire più adeguato e integrato ”. Carl Rogers è il fondatore del counseling . C’è spesso confusione tra relazione educativa e relazione di aiuto ma la confusione, a mio avviso, nasce in buona parte dal fatto che chi molto di quanto è stato scritto per argomentare le due tipologie di relazione nasce in ambito universitario e didattico, interessandosi più degli aspetti istituzionali che del lato pratico. Certamente chi educa aiuta, e chi aiuta educa , ma se ci riferiamo ad un contesto ben preciso, come quello dell’attività professionale quotidiana di un farmacista, ci sono alcune differenze molto specifiche. Ma in sostanza, serve davvero al farmacista conoscere le differenze? Il farmacista, in termini di comunicazione, svolge diversi ruoli e necessita di estrema flessibilità per passare da un ruolo all’altro o, meglio, per mettere in campo ogni volta le specifiche competenze che sono più utili. Per far meglio il proprio lavoro, o per affaticarsi meno nel farlo, è dunque utile conoscere e familiarizzare con i concetti basilari e le tecniche proprie di uno o dell’altro ruolo. Mi spiego meglio. Il farmacista vende . Non salute, ma prodotti. Le tecniche di vendita gli servono dunque per vendere meglio e anche per acquistare meglio, o saper controbattere ai venditori che incontra. Il farmacista consiglia . Il farmacista supporta il paziente e il medico per ottenere la massima adesione alle terapie. Il farmacista ha un importante ruolo sociale per migliorare salute e qualità di vita della popolazione. Le cose si complicano. Le tecniche di vendita non servono più, e in realtà non servono nemmeno quando il farmacista vuole passare dal puro atto di vendita alla più redditizia fidelizzazione del cliente. Ipotizziamo tre diverse situazioni, molto comuni nell’attività quotidiana. Il cliente presenta una prescrizione medica un po’ complessa e chiede aiuto per meglio comprendere e ricordare la posologia e la durata della terapia. In questo caso è ottimale far ricorso a tecniche di coaching , strumenti finalizzati al raggiungimento di uno specifico obiettivo. Il cliente ha un problema, non sa che fare, vuole suggerimenti e consigli, non sa neanche se andare dal medico o no. È preoccupato, ma confuso. È la classica situazione della relazione di aiuto. Il cliente ha un problema di salute. È sotto controllo medico, ma ha letto su qualche sito un po’ di tutto, sa che deve modificare il suo stile di vita o la sua alimentazione. Qui il farmacista passa al ruolo di educatore sanitario : chiarisce i dubbi, elimina le sciocchezze, fornisce suggerimenti. Ma quali sono le tecniche, le regole del gioco nei diversi ruoli? Un po’ di pazienza …
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Analizzando le problematiche della relazione medico-paziente oggi, ho ritrovato questo articolo scritto circa 5 anni fa. MOLTO è cambiato in questi anni, e quasi non ce ne siamo resi conto o, meglio, non ne sono consapevoli molti di quelli che dovrebbero gestire il problema. Comincio quindi ripubblicando questo articolo, a cui seguiranno le considerazioni più aggiornate. Un tempo, tanti anni fa, il medico di famiglia era il depositario delle conoscenze sulla salute dell’intera famiglia. Ed era anche, a parte i casi in cui diventava necessaria l’ospedalizzazione, l’unico medico con cui si aveva a che fare per la maggior parte dei problemi di salute. Raccontarlo oggi sembra di parlare di preistoria! Per essere pienamente corretta devo dire che si trovano ancora medici di famiglia, soprattutto nei piccoli paesi: in città è molto più difficile. Poi, per decenni, ci siamo rivolti agli specialisti e la fiducia del paziente si è trasferita nelle medicine e nella tecnologia diagnostica più ancora che nella figura del medico. Oggi sembra che siamo alle soglie di una nuova rivoluzione, che riguarda anche (o forse soprattutto) il medico di famiglia. Non si tratta di una rivoluzione tecnologica: è in gioco anche quella, ma riguarda più il sistema sanitario che il rapporto medico – paziente. Ciò che sta cambiando è più complesso, più profondo e, soprattutto, sistemico. Gli attori sono le malattie, soprattutto quelle gravi (le percentuali di incremento di alcune forme si tumore sono impressionanti, ma altrettanto vale per le guarigioni da molte forme di cancro), le nuove scoperte sulla psiconeuroimmunoematologia, internet, il paziente e i medici: siamo tutti coinvolti. In questi cambiamenti il sistema sanitario è un attore marginale e, soprattutto ora, è un elemento di burocrazia e di controllo economico, spesso nemico del benessere, spesso in ritardo, spesso fonte di complicazioni. Sono stati spesi fiumi di inchiostro per esaminare, condannare o esaltare il web come fonte di informazioni sulla salute. Qualunque malattia, o terapia, venga digitata, si trovano in pochi secondi migliaia di fonti di informazione, milioni di notizie, vere, verosimili, false, spesso in contrasto tra loro. Così il web come fonte di informazioni, come sostituto del medico di famiglia, si sta autodistruggendo. Quello strano elemento, che per anni è stato identificato come nemico dalla classe medica, è pronto per autodistruggersi. Già, perché quando il problema di salute è serio, la situazione è grave, si desiderano notizie certe: serve un punto di riferimento “sicuro”. Ovvio, a fronte di una diagnosi di tumore è l’oncologo il riferimento primario. Ma non basta. Serve una persona di famiglia, in cui si ha piena fiducia, a cui rivolgersi in ogni momento, a cui poter chiedere le cose più disparate: qualcuno che tenga i fili della complessità tra diagnosi, terapia, esami, effetti indesiderati, cambiamento di stile di vita, alimentazione, integratori, paure, ansie, dubbi. Solo il medico di famiglia può essere quel giocoliere competente, ma non tecnico super esperto, che può aiutarci nel giorno per giorno. Quindi cerchiamo nuovamente quel medico saggio, disponibile, competente, attento, dotato di estremo buon senso, capace di parlarci nel modo giusto al momento giusto. Io ne conosco alcuni: so che ci sono. Non possono essere sostituiti da nessun motore di ricerca. Sono impagabili, e fanno la differenza. Questo articolo è stato scritto un paio di anni fa. Rivedendolo oggi, sorrido e rabbrividisco. Sì, perché se c'è una cosa, in mezzo a milioni di incertezze, che la pandemia mi ha confermato con assoluta certezza è che il medico di famiglia, quello vero, forse un po' obsoleto secondo alcuni, fa davvero la differenza, in meglio.
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