Mio padre, educatore piuttosto rigido in famiglia, mi ha insegnato che la modestia è una virtù. Mi ha anche spiegato pazientemente che come modestia voglia dire qualcosa di simile a sminuire le proprie capacità.
Ma andiamo con ordine e cominciamo dalla
definizione da dizionario (ho usato il dizionario Oxford):
modestia = Coscienza del limite delle proprie possibilità, che si manifesta per lo più attraverso un atteggiamento schivo, disinteressato o timido
Molto simile a ciò che mi era stato insegnato.
Negli anni ho studiato la Bibbia, la Kabbalah e l’I Ching: tre testi che ci sono arrivati attraverso i secoli, pieni di saggezza e spiritualità: tutti e tre parlano di modestia, ma il concetto, praticamente uguale nei tre Libri, presenta alcune importanti diversità con ciò che avevo imparato.
E quindi, oggi, più che ribaltare un modello mentale, effettuo un’operazione di recupero di un modello mentale, di un modo di pensare, che si è deteriorato attraverso i secoli.
Modestia, dunque, umiltà, ma non certo ritrosia nello svolgere il proprio compito. E, ancora, l’esagramma suggerisce alle persone modeste per natura che talvolta è necessario difendersi, non farsi sfruttare, o prendere l’iniziativa. Si tratta dunque di rispettare il destino, riconoscendolo, ma anche di assumersene le responsabilità plasmando il proprio destino.
E c’è un altro aspetto, importante, verso cui provo un vero moto di ribellione: la cosiddetta modestia femminile, qualità (!?) che viene spesso esaltata. Occhi basso, abiti praticamente informi, lavorare senza pretendere nulla. Questo ci è stato raccontato, per secoli.
Cito, ancora una volta, l’I Ching. E ricordo che la cultura cinese non ha mai brillato per femminismo. L’esagramma dedicato alla modestia indica anche una moglie capace, che dovrebbe essere maggiormente ascoltata dal marito.
Modestia significa non vantarsi dei risultati ottenuti, non cercare successi esclusivamente a proprio beneficio, non affannarsi in imprese al di sopra delle proprie capacità, ma anche non rifuggire compiti che, invece, siamo in grado di portare a termine, per quanto sembrino gravosi o difficili.
La persona modesta è attiva e soprattutto proattiva: agisce in armonia con l’universo, il proprio compito e il proprio destino.
Davanti ad un incarico che appare terrificante, quasi impossibile, non si ritrae, ma si impegna a comprendere se è necessario per il bene comune e se il compito gli viene segnalato dal proprio ego o dal destino, o da Dio stesso. Nel primo caso si ritrae, ma nel secondo caso non importa quanto dovrà studiare o faticare: il compito verrà portato a termine.
Chiudiamo il cerchio tornando al dizionario citato all’inizio. La definizione è, secondo me, drammaticamente parziale: ne manca un pezzo. Perché la persona modesta è sì cosciente del limite delle proprie possibilità, ma proprio per questo è anche consapevole del proprio potenziale. Non se ne vanta, non si ritiene migliore di altri per ciò che sa o sa fare meglio di altri. Tutto qui.