Poco comunicativo
Comunicazione non verbale
La Storia
Buon giorno, signora. Mi dica
Grazie, dottore, ma aspetto la dottoressa.
Signora Rossi, posso esserle utile?
No, grazie. Volevo chiedere un parere alla dottoressa.
Buon giorno. Mi dica pure.
Buon giorno, dottore. Le bustine di magnesio e potassio e un analgesico. Poi aspetto la dottoressa perché volevo chiederle un consiglio.
Più tardi, durante l’intervallo.
Clara, posso chiederti anch'io un consiglio?
Ma certo! Che problema c’è?
Hai un’idea del perché da qualche tempo i clienti preferiscono aspettare te, piuttosto che chiedere un consiglio a me? Cosa sto sbagliando? Puzzo, forse.
Ma va’! Però l’ho notato anch'io, quindi negli ultimi giorni ti ho osservato. Con i problemi che abbiamo in magazzino, tu sei sempre girato verso la porta, e poi stai sempre a braccia conserte.
E allora? Questa sarebbe una spiegazione?
Domande
- E secondo voi: questa può essere una spiegazione?
Risposte
Il fatto che il farmacista stia al banco con le braccia conserte e con una postura girata verso la porta che dà sul retro può spiegare il fatto che i clienti preferiscono attendere per chiedere alla collega piuttosto che rivolgersi a lui?
A qualcuno può sembrare strano, ma sì, la spiegazione è plausibile.
- Solo il 7% della comunicazione è costituita da parole e sintassi delle frasi, cioè è comunicazione verbale.
- Il 38% è comunicazione paraverbale: tono, volume, timbro di voce, ritmo.
- Il restante, e preponderante, 55% è la comunicazione non verbale, il cosiddetto “Linguaggio del Corpo”, che consiste nell’insieme di gesti, posture, contatto visivo ...
La comunicazione non verbale e paraverbale afferiscono all’inconscio: nascono da motivazioni spesso inconsapevoli e generano nel ricevente reazioni spesso inconsapevoli.
Le braccia conserte sono un gesto di chiusura, e indicano scarsa disponibilità e accettazione dell’altro.
Già questo scoraggia il dialogo, ma nel caso descritto c’è l’aggravante della postura girata verso la porta che dà sul retro, un altro gesto di chiusura, quasi di rifiuto.
La spiegazione fornita da Clara è quindi assolutamente plausibile.

La definizione di “ relazione di aiuto ” nasce nel 1951 quando Carl Rogers nel 1951 specificò che si tratta di " una relazione in cui almeno uno dei due protagonisti ha lo scopo di promuovere nell'altro la crescita, lo sviluppo, la maturità ed il raggiungimento di un modo di agire più adeguato e integrato ”. Carl Rogers è il fondatore del counseling . C’è spesso confusione tra relazione educativa e relazione di aiuto ma la confusione, a mio avviso, nasce in buona parte dal fatto che chi molto di quanto è stato scritto per argomentare le due tipologie di relazione nasce in ambito universitario e didattico, interessandosi più degli aspetti istituzionali che del lato pratico. Certamente chi educa aiuta, e chi aiuta educa , ma se ci riferiamo ad un contesto ben preciso, come quello dell’attività professionale quotidiana di un farmacista, ci sono alcune differenze molto specifiche. Ma in sostanza, serve davvero al farmacista conoscere le differenze? Il farmacista, in termini di comunicazione, svolge diversi ruoli e necessita di estrema flessibilità per passare da un ruolo all’altro o, meglio, per mettere in campo ogni volta le specifiche competenze che sono più utili. Per far meglio il proprio lavoro, o per affaticarsi meno nel farlo, è dunque utile conoscere e familiarizzare con i concetti basilari e le tecniche proprie di uno o dell’altro ruolo. Mi spiego meglio. Il farmacista vende . Non salute, ma prodotti. Le tecniche di vendita gli servono dunque per vendere meglio e anche per acquistare meglio, o saper controbattere ai venditori che incontra. Il farmacista consiglia . Il farmacista supporta il paziente e il medico per ottenere la massima adesione alle terapie. Il farmacista ha un importante ruolo sociale per migliorare salute e qualità di vita della popolazione. Le cose si complicano. Le tecniche di vendita non servono più, e in realtà non servono nemmeno quando il farmacista vuole passare dal puro atto di vendita alla più redditizia fidelizzazione del cliente. Ipotizziamo tre diverse situazioni, molto comuni nell’attività quotidiana. Il cliente presenta una prescrizione medica un po’ complessa e chiede aiuto per meglio comprendere e ricordare la posologia e la durata della terapia. In questo caso è ottimale far ricorso a tecniche di coaching , strumenti finalizzati al raggiungimento di uno specifico obiettivo. Il cliente ha un problema, non sa che fare, vuole suggerimenti e consigli, non sa neanche se andare dal medico o no. È preoccupato, ma confuso. È la classica situazione della relazione di aiuto. Il cliente ha un problema di salute. È sotto controllo medico, ma ha letto su qualche sito un po’ di tutto, sa che deve modificare il suo stile di vita o la sua alimentazione. Qui il farmacista passa al ruolo di educatore sanitario : chiarisce i dubbi, elimina le sciocchezze, fornisce suggerimenti. Ma quali sono le tecniche, le regole del gioco nei diversi ruoli? Un po’ di pazienza …







