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La felicità: ribaltiamo i modelli mentali!

La felicità come presenza costante nella vita

Felicità raggiunta, si cammina

per te sul fil di lama.

Agli occhi sei barlume che vacilla,

al piede, teso ghiaccio che s’incrina;

e dunque non ti tocchi chi più t’ama.

Lungi da me contestare Eugenio Montale, che amo moltissimo, ma questa poesia, che mi ha regalato emozioni e commozione da adolescente, esprime un concetto che non mi appartiene più.

  • Mi è stata trasmessa l’idea che la felicità sia qualcosa di effimero, evanescente, che si può, forse, raggiungere per vederla immediatamente svanire.

Seguendo questa linea di pensiero la felicità diventa quasi una punizione, fonte di nostalgia, e ciò che rimane della felicità è solo la perdita.

  • Mi è stata trasmessa la convinzione che la felicità sia quasi pericolosa, quindi non va perseguita. Meglio, molto meglio, cercare la serenità, solida, stabile, sicura.

Ho creduto, con qualche perplessità, a tutto questo.

Peccato che la serenità fosse, almeno per me, condizionata e resa irraggiungibile da varie situazioni e colpi che la vita mi ha assestato. E poi, ammettiamolo, la serenità è anche un po’ noiosa, soprattutto agli occhi di una persona giovane, con tanti sogni per il proprio futuro.

Il mio primo passo fu stabilire che, in fondo, preferivo perseguire il brivido di un’effimera felicità invece che la stabilità di una irraggiungibile serenità.

Il mio concetto di felicità diventava dunque legato, come per molti, agli obiettivi raggiunti, ai desideri realizzati.

Una felicità da dopamina, quella dei trionfi e dei festeggiamenti.

Solo molti anni dopo ho scoperto che esiste un’altra felicità, solida, stabile, profonda. Talvolta viene sommersa dal dolore, dalla tristezza, ma è sempre lì, pronta a risorgere come la fenice.

Incuriosita, mi sono resa conto che esiste una vera e propria scienza della felicità che viene studiata da sociologi, economisti, manager, leader mondiali, ingegneri.

Ecco: questa è la felicità che può cambiare, in meglio, la vita e il mondo.

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