Educare alla tecnologia
In una società tecnologica come la nostra, quanto spazio dovrebbe dedicare la scuola alle materie scientifiche e alla tecnologia?

Il dibattito sul peso da dare, in ambito scolastico, alle materie scientifiche ed alla tecnologia come argomenti di insegnamento tiene impegnate moltissime persone che ne sanno ben più di me, ed è abbastanza frequente trovare dati e statistiche sulle percentuali, nei vari Paesi, di studenti o di laureati in facoltà scientifiche, mettendo in evidenza che le percentuali sono più alte nei Paesi con economie in positivo sviluppo.
Personalmente sono laureata in chimica, ed è quindi ovvio che sostengo lo studio delle materie scientifiche.
Però …
Credo che col passare dei decenni di scolarizzazione diffusa abbiamo fatto dimenticare parte del significato dello studio di materie umanistiche e scientifiche, e a questo si sono aggiunti fraintendimenti in merito all’insegnamento delle materie tecniche.
Oggi dovrebbe essere chiaro che qualunque tecnologia venga insegnata a scuola è inevitabilmente obsoleta ben prima che si termini il corso di studi. Tuttavia è proprio dal tentativo umano di dominare la tecnologia che possiamo imparare una grande lezione.
Ero a Santiago di Compostela, anni fa, il giorno dell’incidente ferroviario costato la vita a 80 persone. Errore umano, probabilmente. Come tanti altri incidenti. L’errore umano esiste, ovvio, ma sempre più spesso ci dimentichiamo che
nell’era dell’esplosione tecnologica l’uomo è l’anello più debole della catena.
Se ricordiamo questo, il ruolo della scuola diventa, a mio avviso, più chiaro e indispensabile, e si potrebbe anche superare la dicotomia tra materie scientifiche e materie umanistiche. Perché entrambe sono indispensabili per formare individui responsabili, consapevoli, educati nel senso più completo del termine.
Responsabilità, capacità di attenzione e concentrazione, pensiero sistemico, visione globale, partecipazione, consapevolezza, problem solving, … non sono materie scolastiche, non appartengono al mondo umanistico o scientifico, ma possono essere imparati a partire dalla scuola studiando una qualunque materia.
.

Dopo una laurea in chimica e tecnologie farmaceutiche e oltre 20 anni di carriera in aziende farmaceutiche multinazionali, e continuando ad aggiornarmi anche da quando faccio la libera professione, credevo si sapere molto sui placebo e sull’effetto placebo. Ma questo libro mi ha affascinato e fatto fare nuove scoperte fin dalle prime pagine. I suoi pregi sono moltissimi. I pregi pratici: è piccolo, leggero, economico. Può essere messo in borsa e letto ovunque. E anche queste piccole cose non sono da sottovalutare. È scritto benissimo. Si pone l’obiettivo di essere un testo divulgativo, e lo è davvero . Ricchissimo di cultura e di riferimenti storico – letterari – filosofici manca totalmente di pomposità o frasi contorte che spesso si trovano in questo tipo di libri. Qui c’è la cultura vera. Einstein diceva “ Non hai veramente capito qualcosa fino a quando non sei in grado di spiegarlo a tua nonna ”, affermazione che condivido appieno perché chi sa davvero sa anche semplificare i concetti. Fabrizio Benedetti sa. Sa spiegare, sa affascinare. E il libro è anche affascinante per i contenuti, il rigore scientifico. È imperdibile per tutti coloro che lavorano in ambito salute, ed è utile per tutti.

Il titolo completo del libro è Intelligenza emotiva Cos’è e perché può renderci felici. Daniel Goleman è sicuramente il più autorevole esperto mondiale di intelligenza emotiva. Il libro viene talvolta dichiarato “fuori catalogo”, ma vi assicuro che si trova ancora, sia in libreria che per gli acquisti on line. Queste le notizie pratiche. E poi, che dire? È interessante, scritto bene, leggibilissimo. E, soprattutto, imperdibile per chiunque abbia interesse per le relazioni umane, per chi educa, collabora o guida altri esseri umani.