Doveva succedere
Perché era praticamente inevitabile che finissi ad insegnare

Madre insegnante, padre preside e autore di libri di testo scolastici, sorella dirigente scolastico, zie insegnanti. Sono sfuggita alla scuola per 25 anni, poi ...
Era inutile fuggire: prima o poi doveva succedere, ma almeno ho la soddisfazione di esserci arrivata a modo mio, con i miei tempi e le mie modalità.
Mia madre era insegnante, ma è morta che ero molto piccola. Mio padre era preside, scriveva libri di testo, e la scuola era la sua vita, tant'è vero che la seconda moglie lavorava nella scuola.
A casa nostra si parlava di scuola a pranzo e a cena, e non se ne parlava a colazione solo perché la facevamo ciascuno per conto proprio.
Quando si incontrano persone che fanno lo stesso lavoro è inevitabile che la loro attività diventi argomento di conversazione. Per gli insegnanti non è così:
due insegnanti "creano" una scuola.
Mettete insieme due insegnanti, e la scuola non sarà argomento di conversazione, ma l'onnipresente e totale fulcro di ogni parola e pensiero. Per gli insegnanti la scuola è un buco nero: assorbe ogni loro molecola.
Dopo la laurea mia sorella ha seguito le tradizioni familiari ed ha iniziato ad insegnare.
Io no. Ero disposta a fare quasi tutto, ma insegnare no.
Il non insegnare era parte integrante della costruzione della mia identità e della mia ribellione alla famiglia.
Così quando, in azienda, mi fecero tenere i corsi ai nuovi assunti perché "sei brava ad insegnare" mi sentii quasi offesa.
Sono passati ben più di vent'anni.
Le occasioni per insegnare qualcosa a qualcuno sono state moltissime, dai nuovi assunti ai corsi di vario genere.
Sentirmi dire "ma tu hai insegnato, vero? Ti viene così naturale!" è diventata un'abitudine.
Così quando la comunicazione, con tutte le sue sfaccettature, è passata dall'essere un hobby a diventare parte integrante del mio lavoro, e quando non ho più avuto bisogno di fare qualcosa di diverso rispetto alle tradizioni familiari, era inevitabile che mi riavvicinassi alla scuola e all'insegnamento.
Perché insegnare è un bel lavoro, che dà soddisfazioni.
E perché credo di averlo nel sangue, ed è difficile sfuggire al destino, ma è bello seguire il proprio destino senza costrizioni..

Dopo una laurea in chimica e tecnologie farmaceutiche e oltre 20 anni di carriera in aziende farmaceutiche multinazionali, e continuando ad aggiornarmi anche da quando faccio la libera professione, credevo si sapere molto sui placebo e sull’effetto placebo. Ma questo libro mi ha affascinato e fatto fare nuove scoperte fin dalle prime pagine. I suoi pregi sono moltissimi. I pregi pratici: è piccolo, leggero, economico. Può essere messo in borsa e letto ovunque. E anche queste piccole cose non sono da sottovalutare. È scritto benissimo. Si pone l’obiettivo di essere un testo divulgativo, e lo è davvero . Ricchissimo di cultura e di riferimenti storico – letterari – filosofici manca totalmente di pomposità o frasi contorte che spesso si trovano in questo tipo di libri. Qui c’è la cultura vera. Einstein diceva “ Non hai veramente capito qualcosa fino a quando non sei in grado di spiegarlo a tua nonna ”, affermazione che condivido appieno perché chi sa davvero sa anche semplificare i concetti. Fabrizio Benedetti sa. Sa spiegare, sa affascinare. E il libro è anche affascinante per i contenuti, il rigore scientifico. È imperdibile per tutti coloro che lavorano in ambito salute, ed è utile per tutti.

Il titolo completo del libro è Intelligenza emotiva Cos’è e perché può renderci felici. Daniel Goleman è sicuramente il più autorevole esperto mondiale di intelligenza emotiva. Il libro viene talvolta dichiarato “fuori catalogo”, ma vi assicuro che si trova ancora, sia in libreria che per gli acquisti on line. Queste le notizie pratiche. E poi, che dire? È interessante, scritto bene, leggibilissimo. E, soprattutto, imperdibile per chiunque abbia interesse per le relazioni umane, per chi educa, collabora o guida altri esseri umani.