Che parole usiamo?
Da un panino con le amiche nascono alcune riflessioni sull’uso del linguaggio
Qualche tempo fa ho mangiato un panino con alcune amiche. Si parlava della qualità di vita sul posto di lavoro, e una di questa ha raccontato che aveva in passato lavorato in un’azienda particolarmente positiva, ma aveva scelto di lasciarla perché in quella specifica azienda non esisteva il tipo di professione che lei desiderava. Il dialogo si è svolto più o meno così. (ovviamente i nomi non sono quelli veri)
Anna:
- sì, in quell’azienda si stava davvero bene, ma non era prevista la figura professionale che mi interessava, così ho fatto una scelta, e ho cambiato azienda.
Laura
- Hai dovuto fare un grosso sacrificio!
Anna
- Non lo chiamerei sacrificio, ma valutazione delle priorità.
Le parole che usiamo hanno un grosso significato, e raccontano davvero tanto di noi.
Anna ritiene di aver scelto, coscientemente, valutando priorità, di cambiare posto di lavoro. Si sente quindi padrona di sé e del suo destino e, se a un certo punto, si accorgerà di aver fatto un errore, farà una nuova valutazione e una nuova scelta.
Laura chiama la stessa cosa sacrificio, e ad ogni passo è tentata di rimpiangere ciò che ha lasciato. Inoltre i sacrifici, quando non sono atti di eroismo, ci inducono a sentirci vittime di qualcosa o di qualcuno, anziché padrone della nostra vita.
Spesso siamo talmente abituati ad usare le parole, ad avere un nostro vocabolario, da non esserne pienamente consapevoli. Quindi è opportuno farci aiutare.
Chiedete il supporto di una persona di fiducia: collega, amico, coniuge, e osservate i vocaboli che usate più frequentemente, la vostra personale modalità di costruire le frasi.
Se conoscete già le tecniche di comunicazione, osservate se usate più frequentemente cancellazioni, distorsioni o generalizzazioni.
E poi chiedetevi se, usando parole o modi di dire diversi, non potreste dare un significato diverso alla vostra vita, e diventare più felici.

Dopo una laurea in chimica e tecnologie farmaceutiche e oltre 20 anni di carriera in aziende farmaceutiche multinazionali, e continuando ad aggiornarmi anche da quando faccio la libera professione, credevo si sapere molto sui placebo e sull’effetto placebo. Ma questo libro mi ha affascinato e fatto fare nuove scoperte fin dalle prime pagine. I suoi pregi sono moltissimi. I pregi pratici: è piccolo, leggero, economico. Può essere messo in borsa e letto ovunque. E anche queste piccole cose non sono da sottovalutare. È scritto benissimo. Si pone l’obiettivo di essere un testo divulgativo, e lo è davvero . Ricchissimo di cultura e di riferimenti storico – letterari – filosofici manca totalmente di pomposità o frasi contorte che spesso si trovano in questo tipo di libri. Qui c’è la cultura vera. Einstein diceva “ Non hai veramente capito qualcosa fino a quando non sei in grado di spiegarlo a tua nonna ”, affermazione che condivido appieno perché chi sa davvero sa anche semplificare i concetti. Fabrizio Benedetti sa. Sa spiegare, sa affascinare. E il libro è anche affascinante per i contenuti, il rigore scientifico. È imperdibile per tutti coloro che lavorano in ambito salute, ed è utile per tutti.

Il titolo completo del libro è Intelligenza emotiva Cos’è e perché può renderci felici. Daniel Goleman è sicuramente il più autorevole esperto mondiale di intelligenza emotiva. Il libro viene talvolta dichiarato “fuori catalogo”, ma vi assicuro che si trova ancora, sia in libreria che per gli acquisti on line. Queste le notizie pratiche. E poi, che dire? È interessante, scritto bene, leggibilissimo. E, soprattutto, imperdibile per chiunque abbia interesse per le relazioni umane, per chi educa, collabora o guida altri esseri umani.