Business in farmacia: partire dalla propria Vision
Se vuoi costruire una nave, non radunare uomini per raccogliere il legno e distribuire i compiti, ma insegna loro la nostalgia del mare ampio e infinito Antoine di Saint Exupery - Il piccolo principe

Gaber cantava “un’idea, un concetto, un’idea è soltanto un’astrazione. Se potessi mangiare un’idea avrei fatto la mia rivoluzione”. Una Vision è, in fondo, un’idea “mangiata”, tanto forte da poter diventare una realtà concreta.
Le persone che sanno identificare e trasmettere un Vision vengono definite “carismatiche”, termine che, letteralmente, significa toccate dalla grazia divina, in diretto contatto con Dio, a testimonianza di quanto possono essere coinvolgenti. Tuttavia la realtà odierna, stante la globalizzazione e la complessità dell’intero sistema economico – sociale, rende la Vision personale, per quanto indispensabile, spesso insufficiente.
Le aziende capaci di produrre una vision condivisa sanno ottenere risultati sorprendenti, inclusa la capacità di sopravvivere e crescere nei momenti di crisi economica.
Caratteristiche della Vision
sono il pensiero a lungo termine, la fantasia del sogno
e la concretezza della realtà, simultaneamente. È quindi abbastanza comprensibile che in momenti di depressione economica, quando si rischia di venir sopraffatti dall’ansia, dalla paura del futuro, si verifichi una carenza di vision anche, o forse soprattutto, nei manager.
Lavorare sull’identificazione e sullo sviluppo della vision, e sulla capacità di trasmetterla, diventa quindi essenziale per il successo degli affari e, nel contempo, per lo sviluppo e il benessere personale.
Se tutto ciò è comprensibile, quasi ovvio, per le aziende, potrebbe risultare meno condivisibile per una farmacia, anche se si tratta chiaramente di un’impresa.
Il fatto è che anche per le farmacie la realtà è profondamente cambiata rispetto anche solo a dieci anni fa: aumento della concorrenza, globalizzazione, maggiore mobilità delle persone, l’ingresso della grande distribuzione nel settore, le fortissime alterazioni nella filiera degli approvvigionamenti, i generici, gli integratori che sono entrati prepotentemente nel mercato, la crisi economica che indice gli individui a curarsi meno, …
E le accelerazioni nei processi di cambiamento continueranno, così come continueranno i cambiamenti. Nulla ritornerà come prima: questa è l’unica certezza.
In un mondo che cambia tanto rapidamente non ci sono più i tempi necessari per “adattarsi”: è indispensabile prevenire. E non si tratta di firmare un contratto con il cartomante o l’astrologo di fiducia, quanto di creare ciò che desideriamo lasciando emergere il futuro. La Vision è esattamente lo strumento che permette di identificare ciò che desideriamo, attivare la proattività e realizzarlo.
Per una farmacia la Vision è il tipo di farmacia, la sua funzione in ambito sociale, il suo ruolo per i clienti e i medici di riferimento, la professionalità che il farmacista desidera esprimere, la cooperazione tra i farmacisti che vi lavorano, e molto di più.
Una visione condivisa non è un’idea. Non è nemmeno un’idea importante come la libertà. Essa è piuttosto una forza nei cuori delle persone, una forza che ha una potenza impressionante. Può essere ispirata da un’idea, ma una volta che va oltre – se è abbastanza avvincente da acquisire il sostegno di più di una persona – non è più un’astrazione. È tangibile. Le persone cominciano a vederla come se essa esistesse.
Peter Senge – La quinta disciplina
Sicuramente la vision ha una parte di sogno, ma non è un sogno, quanto piuttosto l’espressione concreta della capacità di sognare, desiderare e costruire.
È molto più complesso riuscire ad avere una chiara vision che realizzarla. Soprattutto in questi momenti di confusione, incertezza, ansia, è difficile pensare oltre il quotidiano. Molti si fermano agli obiettivi, che sono solo mediocri sostituti della Vision. Molti si limitano a pensare alla mera sopravvivenza, rendendo la quotidianità un progetto opaco e poco motivante. Qualcuno persegue un sogno, senza cercarne la concretezza, e qualcuno quasi si vergogna di sognare.
Eppure è proprio in piena crisi che la Vision è più utile, e sulla sua ricerca e condivisione si concentrano gli sforzi di molti economisti illuminati e dei migliori strateghi del business.
E tu, hai una Vision della tua farmacia?

La definizione di “ relazione di aiuto ” nasce nel 1951 quando Carl Rogers nel 1951 specificò che si tratta di " una relazione in cui almeno uno dei due protagonisti ha lo scopo di promuovere nell'altro la crescita, lo sviluppo, la maturità ed il raggiungimento di un modo di agire più adeguato e integrato ”. Carl Rogers è il fondatore del counseling . C’è spesso confusione tra relazione educativa e relazione di aiuto ma la confusione, a mio avviso, nasce in buona parte dal fatto che chi molto di quanto è stato scritto per argomentare le due tipologie di relazione nasce in ambito universitario e didattico, interessandosi più degli aspetti istituzionali che del lato pratico. Certamente chi educa aiuta, e chi aiuta educa , ma se ci riferiamo ad un contesto ben preciso, come quello dell’attività professionale quotidiana di un farmacista, ci sono alcune differenze molto specifiche. Ma in sostanza, serve davvero al farmacista conoscere le differenze? Il farmacista, in termini di comunicazione, svolge diversi ruoli e necessita di estrema flessibilità per passare da un ruolo all’altro o, meglio, per mettere in campo ogni volta le specifiche competenze che sono più utili. Per far meglio il proprio lavoro, o per affaticarsi meno nel farlo, è dunque utile conoscere e familiarizzare con i concetti basilari e le tecniche proprie di uno o dell’altro ruolo. Mi spiego meglio. Il farmacista vende . Non salute, ma prodotti. Le tecniche di vendita gli servono dunque per vendere meglio e anche per acquistare meglio, o saper controbattere ai venditori che incontra. Il farmacista consiglia . Il farmacista supporta il paziente e il medico per ottenere la massima adesione alle terapie. Il farmacista ha un importante ruolo sociale per migliorare salute e qualità di vita della popolazione. Le cose si complicano. Le tecniche di vendita non servono più, e in realtà non servono nemmeno quando il farmacista vuole passare dal puro atto di vendita alla più redditizia fidelizzazione del cliente. Ipotizziamo tre diverse situazioni, molto comuni nell’attività quotidiana. Il cliente presenta una prescrizione medica un po’ complessa e chiede aiuto per meglio comprendere e ricordare la posologia e la durata della terapia. In questo caso è ottimale far ricorso a tecniche di coaching , strumenti finalizzati al raggiungimento di uno specifico obiettivo. Il cliente ha un problema, non sa che fare, vuole suggerimenti e consigli, non sa neanche se andare dal medico o no. È preoccupato, ma confuso. È la classica situazione della relazione di aiuto. Il cliente ha un problema di salute. È sotto controllo medico, ma ha letto su qualche sito un po’ di tutto, sa che deve modificare il suo stile di vita o la sua alimentazione. Qui il farmacista passa al ruolo di educatore sanitario : chiarisce i dubbi, elimina le sciocchezze, fornisce suggerimenti. Ma quali sono le tecniche, le regole del gioco nei diversi ruoli? Un po’ di pazienza …

Analizzando le problematiche della relazione medico-paziente oggi, ho ritrovato questo articolo scritto circa 5 anni fa. MOLTO è cambiato in questi anni, e quasi non ce ne siamo resi conto o, meglio, non ne sono consapevoli molti di quelli che dovrebbero gestire il problema. Comincio quindi ripubblicando questo articolo, a cui seguiranno le considerazioni più aggiornate. Un tempo, tanti anni fa, il medico di famiglia era il depositario delle conoscenze sulla salute dell’intera famiglia. Ed era anche, a parte i casi in cui diventava necessaria l’ospedalizzazione, l’unico medico con cui si aveva a che fare per la maggior parte dei problemi di salute. Raccontarlo oggi sembra di parlare di preistoria! Per essere pienamente corretta devo dire che si trovano ancora medici di famiglia, soprattutto nei piccoli paesi: in città è molto più difficile. Poi, per decenni, ci siamo rivolti agli specialisti e la fiducia del paziente si è trasferita nelle medicine e nella tecnologia diagnostica più ancora che nella figura del medico. Oggi sembra che siamo alle soglie di una nuova rivoluzione, che riguarda anche (o forse soprattutto) il medico di famiglia. Non si tratta di una rivoluzione tecnologica: è in gioco anche quella, ma riguarda più il sistema sanitario che il rapporto medico – paziente. Ciò che sta cambiando è più complesso, più profondo e, soprattutto, sistemico. Gli attori sono le malattie, soprattutto quelle gravi (le percentuali di incremento di alcune forme si tumore sono impressionanti, ma altrettanto vale per le guarigioni da molte forme di cancro), le nuove scoperte sulla psiconeuroimmunoematologia, internet, il paziente e i medici: siamo tutti coinvolti. In questi cambiamenti il sistema sanitario è un attore marginale e, soprattutto ora, è un elemento di burocrazia e di controllo economico, spesso nemico del benessere, spesso in ritardo, spesso fonte di complicazioni. Sono stati spesi fiumi di inchiostro per esaminare, condannare o esaltare il web come fonte di informazioni sulla salute. Qualunque malattia, o terapia, venga digitata, si trovano in pochi secondi migliaia di fonti di informazione, milioni di notizie, vere, verosimili, false, spesso in contrasto tra loro. Così il web come fonte di informazioni, come sostituto del medico di famiglia, si sta autodistruggendo. Quello strano elemento, che per anni è stato identificato come nemico dalla classe medica, è pronto per autodistruggersi. Già, perché quando il problema di salute è serio, la situazione è grave, si desiderano notizie certe: serve un punto di riferimento “sicuro”. Ovvio, a fronte di una diagnosi di tumore è l’oncologo il riferimento primario. Ma non basta. Serve una persona di famiglia, in cui si ha piena fiducia, a cui rivolgersi in ogni momento, a cui poter chiedere le cose più disparate: qualcuno che tenga i fili della complessità tra diagnosi, terapia, esami, effetti indesiderati, cambiamento di stile di vita, alimentazione, integratori, paure, ansie, dubbi. Solo il medico di famiglia può essere quel giocoliere competente, ma non tecnico super esperto, che può aiutarci nel giorno per giorno. Quindi cerchiamo nuovamente quel medico saggio, disponibile, competente, attento, dotato di estremo buon senso, capace di parlarci nel modo giusto al momento giusto. Io ne conosco alcuni: so che ci sono. Non possono essere sostituiti da nessun motore di ricerca. Sono impagabili, e fanno la differenza. Questo articolo è stato scritto un paio di anni fa. Rivedendolo oggi, sorrido e rabbrividisco. Sì, perché se c'è una cosa, in mezzo a milioni di incertezze, che la pandemia mi ha confermato con assoluta certezza è che il medico di famiglia, quello vero, forse un po' obsoleto secondo alcuni, fa davvero la differenza, in meglio.







