Business in farmacia - Definire i fattori critici di successo

Siamo a un punto cruciale e spesso sottovalutato nella definizione di un piano strategico: i fattori critici di successo

Tra i motivi di fallimento di molti piani strategici c’è la scarsa attenzione che in genere si presta ai fattori critici di successo. Non sono gli unici responsabili del fatto che qualcosa vada storto, e vedremo in futuro un’analisi su questi aspetti, ma la maggior parte dei problemi che si presentano, e degli errori che si compiono, nell’elaborazione dei piani strategici determinano in genere l’abbandono del piano. Il non considerare adeguatamente i fattori critici di successo, invece, condanna il piano al fallimento.
Ma cosa sono i fattori critici di successo? La definizione è “ciò che DEVE essere a posto affinché il piano abbia buone probabilità di realizzazione”.
Molti considerano come fattore critico di successo solo la parte economica: i soldi da investire. Questo nasce dall’errata convinzione che ogni piano strategico si limiti ad essere solo la decisione di come spendere gli investimenti. È falso. Ho visto ottimi piani strategici che avevano come presupposto investimenti praticamente nulli, e hanno determinato ottimi risultati.

Come determinare i fattori critici di successo.
  • Riprendete le opportunità che avete deciso di cavalcare.
  • Una per una (non dovrebbero essere più di 2 o 3) segnate tutto ciò che può aiutarvi a sfruttare al massimo quell’opportunità.
  • Ipotizzate di aver selezionato come opportunità la crescita del mercato dell’integrazione alimentare in specifiche patologie. Gli elementi che vi possono permettere di sfruttare al meglio questa opportunità potrebbero essere:
  • aggiornamento sugli integratori alimentari e relazioni con le patologie
  • sviluppo di competenze comunicazionali sul consiglio
  • creare un corner specifico in farmacia
  • ….
Passiamo ora ai key issue che avete identificato come elementi da gestire, e ipotizziamo che uno di questi sia l’incremento spropositato di aziende che mettono in commercio integratori alimentari
Gli elementi che vi possono permettere di gestire al meglio questa problematica potrebbero essere:
  • ottimizzare la gestione del magazzino
  • aggiornarsi sugli integratori e sulle loro relazioni con le patologie
Come avrete notato, lo sviluppo di competenze sugli integratori da parte di almeno una delle persone che operano in farmacia compare sia come elemento per trarre il meglio dalle opportunità che come fattore necessario per gestire i key issue. Evidentemente si tratta di un fattore critico di successo!
Procedete allo stesso modo con le altre opportunità e gli altri key issue. Identificate quindi alcuni fattori critici di successo.

Ricordate anche che ad ogni passaggio è buona norma “tenere gli occhi aperti”.
Può capitare che cercando i fattori critici di successo vi accorgiate che non siete, in realtà, in grado di sfruttare appieno una delle opportunità selezionate. Niente panico! Tornate alle opportunità e scegliete un’altra! Potreste anche accorgervi che cercando i fattori critici di successo trovate dei vostri punti di forza che non avevate considerato, e che ciò vi induca a rivedere interamente l’analisi dei concorrenti. Niente panico e niente ansia!
Un piano strategico ben fatto vive per alcuni anni: vale la pena lavoraci intensamente per qualche giorno!

E .. il seguito ala prossima puntata.
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La definizione di “ relazione di aiuto ” nasce nel 1951 quando Carl Rogers nel 1951 specificò che si tratta di " una relazione in cui almeno uno dei due protagonisti ha lo scopo di promuovere nell'altro la crescita, lo sviluppo, la maturità ed il raggiungimento di un modo di agire più adeguato e integrato ”. Carl Rogers è il fondatore del counseling . C’è spesso confusione tra relazione educativa e relazione di aiuto ma la confusione, a mio avviso, nasce in buona parte dal fatto che chi molto di quanto è stato scritto per argomentare le due tipologie di relazione nasce in ambito universitario e didattico, interessandosi più degli aspetti istituzionali che del lato pratico. Certamente chi educa aiuta, e chi aiuta educa , ma se ci riferiamo ad un contesto ben preciso, come quello dell’attività professionale quotidiana di un farmacista, ci sono alcune differenze molto specifiche. Ma in sostanza, serve davvero al farmacista conoscere le differenze? Il farmacista, in termini di comunicazione, svolge diversi ruoli e necessita di estrema flessibilità per passare da un ruolo all’altro o, meglio, per mettere in campo ogni volta le specifiche competenze che sono più utili. Per far meglio il proprio lavoro, o per affaticarsi meno nel farlo, è dunque utile conoscere e familiarizzare con i concetti basilari e le tecniche proprie di uno o dell’altro ruolo. Mi spiego meglio. Il farmacista vende . Non salute, ma prodotti. Le tecniche di vendita gli servono dunque per vendere meglio e anche per acquistare meglio, o saper controbattere ai venditori che incontra. Il farmacista consiglia . Il farmacista supporta il paziente e il medico per ottenere la massima adesione alle terapie. Il farmacista ha un importante ruolo sociale per migliorare salute e qualità di vita della popolazione. Le cose si complicano. Le tecniche di vendita non servono più, e in realtà non servono nemmeno quando il farmacista vuole passare dal puro atto di vendita alla più redditizia fidelizzazione del cliente. Ipotizziamo tre diverse situazioni, molto comuni nell’attività quotidiana. Il cliente presenta una prescrizione medica un po’ complessa e chiede aiuto per meglio comprendere e ricordare la posologia e la durata della terapia. In questo caso è ottimale far ricorso a tecniche di coaching , strumenti finalizzati al raggiungimento di uno specifico obiettivo. Il cliente ha un problema, non sa che fare, vuole suggerimenti e consigli, non sa neanche se andare dal medico o no. È preoccupato, ma confuso. È la classica situazione della relazione di aiuto. Il cliente ha un problema di salute. È sotto controllo medico, ma ha letto su qualche sito un po’ di tutto, sa che deve modificare il suo stile di vita o la sua alimentazione. Qui il farmacista passa al ruolo di educatore sanitario : chiarisce i dubbi, elimina le sciocchezze, fornisce suggerimenti. Ma quali sono le tecniche, le regole del gioco nei diversi ruoli? Un po’ di pazienza …
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Analizzando le problematiche della relazione medico-paziente oggi, ho ritrovato questo articolo scritto circa 5 anni fa. MOLTO è cambiato in questi anni, e quasi non ce ne siamo resi conto o, meglio, non ne sono consapevoli molti di quelli che dovrebbero gestire il problema. Comincio quindi ripubblicando questo articolo, a cui seguiranno le considerazioni più aggiornate. Un tempo, tanti anni fa, il medico di famiglia era il depositario delle conoscenze sulla salute dell’intera famiglia. Ed era anche, a parte i casi in cui diventava necessaria l’ospedalizzazione, l’unico medico con cui si aveva a che fare per la maggior parte dei problemi di salute. Raccontarlo oggi sembra di parlare di preistoria! Per essere pienamente corretta devo dire che si trovano ancora medici di famiglia, soprattutto nei piccoli paesi: in città è molto più difficile. Poi, per decenni, ci siamo rivolti agli specialisti e la fiducia del paziente si è trasferita nelle medicine e nella tecnologia diagnostica più ancora che nella figura del medico. Oggi sembra che siamo alle soglie di una nuova rivoluzione, che riguarda anche (o forse soprattutto) il medico di famiglia. Non si tratta di una rivoluzione tecnologica: è in gioco anche quella, ma riguarda più il sistema sanitario che il rapporto medico – paziente. Ciò che sta cambiando è più complesso, più profondo e, soprattutto, sistemico. Gli attori sono le malattie, soprattutto quelle gravi (le percentuali di incremento di alcune forme si tumore sono impressionanti, ma altrettanto vale per le guarigioni da molte forme di cancro), le nuove scoperte sulla psiconeuroimmunoematologia, internet, il paziente e i medici: siamo tutti coinvolti. In questi cambiamenti il sistema sanitario è un attore marginale e, soprattutto ora, è un elemento di burocrazia e di controllo economico, spesso nemico del benessere, spesso in ritardo, spesso fonte di complicazioni. Sono stati spesi fiumi di inchiostro per esaminare, condannare o esaltare il web come fonte di informazioni sulla salute. Qualunque malattia, o terapia, venga digitata, si trovano in pochi secondi migliaia di fonti di informazione, milioni di notizie, vere, verosimili, false, spesso in contrasto tra loro. Così il web come fonte di informazioni, come sostituto del medico di famiglia, si sta autodistruggendo. Quello strano elemento, che per anni è stato identificato come nemico dalla classe medica, è pronto per autodistruggersi. Già, perché quando il problema di salute è serio, la situazione è grave, si desiderano notizie certe: serve un punto di riferimento “sicuro”. Ovvio, a fronte di una diagnosi di tumore è l’oncologo il riferimento primario. Ma non basta. Serve una persona di famiglia, in cui si ha piena fiducia, a cui rivolgersi in ogni momento, a cui poter chiedere le cose più disparate: qualcuno che tenga i fili della complessità tra diagnosi, terapia, esami, effetti indesiderati, cambiamento di stile di vita, alimentazione, integratori, paure, ansie, dubbi. Solo il medico di famiglia può essere quel giocoliere competente, ma non tecnico super esperto, che può aiutarci nel giorno per giorno. Quindi cerchiamo nuovamente quel medico saggio, disponibile, competente, attento, dotato di estremo buon senso, capace di parlarci nel modo giusto al momento giusto. Io ne conosco alcuni: so che ci sono. Non possono essere sostituiti da nessun motore di ricerca. Sono impagabili, e fanno la differenza. Questo articolo è stato scritto un paio di anni fa. Rivedendolo oggi, sorrido e rabbrividisco. Sì, perché se c'è una cosa, in mezzo a milioni di incertezze, che la pandemia mi ha confermato con assoluta certezza è che il medico di famiglia, quello vero, forse un po' obsoleto secondo alcuni, fa davvero la differenza, in meglio.
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