2 novembre
Ricordi e riflessioni

Me lo ricordo bene, da bambina, il giorno dei morti.
Andavamo al cimitero da mia madre: non era strano, andavamo tutte le domeniche. C’era tristezza, cordoglio, anche se ero troppo piccola per capirci davvero qualcosa.
Dopo diversi anni ho scoperto un diverso aspetto delle rituali visite al cimitero.
- Si andava giorni prima a pulire le tombe, o si mandava qualcuno: l’importante era che il 2 novembre fosse tutto a posto, come se le tombe fossero curate tutto l’anno.
- Poi, il giorno ufficiale, si portavano i fiori. Ma c’era un altro aspetto, spesso preponderante: il salotto. Niente cordoglio, ma tante chiacchiere con persone che si incontravano raramente a cui si voleva far notare la presenza e l’attenzione.
- E il giorno dei morti diventava ancora più penoso.
Sono passati molti anni. I miei morti sono aumentati, sono tanti.
Non vado quasi più al cimitero perché ormai i miei morti sono con me: un ricordo e una presenza costante.
Il rispetto per i morti è una delle caratteristiche che contraddistingue, dicono, l’umanità e differenzia l’umano dagli animali. Non so.
So che ogni Paese ha tradizioni diverse, so che il culto degli antenati è stata una delle prime forme di religione praticate, so che spesso ricostruire le origini e le linee degli antenati è una forma potente di guarigione.
So che, nel bene e nel male, nessuno di noi sarebbe quello che è se non ci fossero generazioni prima di noi.
E poi ci sono gli amici, e il mio compagno di vita, ormai passati nell’altra stanza.
Aumentano i miei morti, cresce l’età, e i confini si fanno sempre più sfumati.









