Dottore, mi ascolti!
Ascolto riflessivo

Storia
Buon Giorno, dottore. Sono veramente a pezzi.
Buon giorno. Cosa le è successo? Cosa si sente?
È cominciato un paio di settimane fa. Pensavo non fosse niente di grave, così ho lasciato perdere, ma adesso non ne posso davvero più. sono piena di dolori al collo, alle spalle e allo stomaco.
Ricapitoliamo, magari non è nulla di grave. La situazione è cominciata circa due settimane fa. Ora lei ha dolori al collo, alle spalle e allo stomaco. C’è altro?
Sì. A dir la verità ho dolori sia al collo che alle spalle, ma soprattutto al collo. Poi mi sento sempre stanca, come se non riuscissi a dormire, ma non è vero.
Quindi lei ha dolori soprattutto al collo, si sente stanca come se non riuscisse a dormire, ma dorme.
Sì, dormo, ma forse non abbastanza, o non abbastanza rilassata. Sicuramente è un periodo difficile, in ufficio la situazione è molto tesa, e io ne risento, come tutti.
Stiamo facendo progressi. Lei non dorme abbastanza, o forse non abbastanza rilassata, ed è un periodo difficile in ufficio, dove la situazione è tesa.
Domande
Vi ricordo che dal punto di vista clinico questi casi sono totalmente inventati e fantasiosi. Esaminate solo, ed esclusivamente, gli aspetti comunicazionali!
- Il medico utilizza una tecnica di comunicazione ben precisa. Quale?
- A cosa serve esattamente questa tecnica?
- Ci sono avvertenze o raccomandazioni all’utilizzo di questa tecnica?
- Dal punto di vista della comunicazione, è consigliabile che il medico continui con la tecnica scelta o è opportuno fare dei cambiamenti passando ad un’altra tecnica? Eventualmente, quale tecnica di comunicazione suggerite?
Risposte
Il medico utilizza una tecnica di comunicazione ben precisa. Quale?
- Il medico sta seguendo la tecnica dell’ascolto riflessivo.
A cosa serve esattamente questa tecnica?
- Questa tecnica pone attenzione a tutto il messaggio, e il messaggio stesso viene usato per chiarire ciò che il paziente ha detto. In pratica chi ascolta è una cassa di risonanza di chi parla e l’ascoltatore riflette, come uno specchio, le idee e le parole dell’interlocutore. Questo tipo di ascolto è spesso quello usato da psicologi e psichiatri poiché chi parla è costretto a prendere consapevolezza di ciò che dice.
Ci sono avvertenze o raccomandazioni all’utilizzo di questa tecnica?
- L’ascolto riflessivo ha una componente di indagine, tant’è vero che viene utilizzato in ambito psicologico. Chi parla si trova riflesso nelle risposte di chi ascolta, che non usa più lo stesso filtro o parafrasi e metafore per evidenziare la comprensione e aggiungere qualcosa al dialogo, ma ripete esattamente le stesse parole, modulando la comunicazione paraverbale.
L’ascolto riflessivo presuppone che l’ascoltatore guidi il dialogo e il suo ruolo di guida deve essere riconosciuto e accettato da entrambe le parti. Se manca una di queste condizioni chi parla può facilmente sentirsi preso in giro.
Inoltre nell’ascolto riflessivo l’ascoltatore deve avere piena padronanza del proprio sistema di comunicazione paraverbale ed essere perfettamente in grado di non giudicare, elemento molto difficile da applicare in alcune situazioni.
L’ascolto riflessivo è la forma migliore di ascolto per l’applicazione del metamodello
Dal punto di vista della comunicazione, è consigliabile che il medico continui con la tecnica scelta o è opportuno fare dei cambiamenti passando ad un’altra tecnica?
- Il medico potrebbe anche condurre l’intera anamnesi con questa tecnica, ma probabilmente ci vorrebbe un tempo lunghissimo per ottenere informazioni sufficienti e soddisfacenti.
In alcuni casi l’inizio del dialogo tramite ascolto riflessivo è utile: il paziente si ritrova ad essere praticamente sempre d’accordo con ciò che dice il medico e annuisce costantemente, e ciò crea un buon livello di empatia e complicità, ma poi conviene passare ad altra tecnica, o almeno introdurre alcune varianti.
Eventualmente, quale tecnica di comunicazione suggerite?
- Sicuramente l’ascolto attivo, arricchito da domande strategiche che, tramite una gestione ad imbuto del dialogo, portino il paziente ad identificare i punti focali su cui il medico potrà intervenire.
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Non è, ovviamente, mia intenzione dare consigli su rimedi della nonna, antiche ricette o terapie alternative, ma solo riflettere, e farvi riflettere, su come rispondere al paziente che vi racconta di cure di supporto che, a lui, appaiono tanto efficaci. Le situazioni sono molteplici, e i rimedi sono infiniti. Si va dai consigli alimentari alle cure palliative, dai decotti alle sciarpe rosse: si usa di tutto e si sente di tutto. Talvolta sono i rimedi della nonna, altre volte sono antiche ricette lette su qualche rivista di salute, o consigli letti sul web o ricevuti da qualche amico. Siatene certi: la maggior parte dei vostri pazienti fa uso di qualche rimedio, integratore, elemento salutistico o alimento prodigioso, sia che ve lo racconti sia che stia in totale silenzio . Ci sono gli alimenti salutari, le medicine alternative, i rimedi tramandati in famiglia, le pubblicità … È chiaro che il medico dovrà valutare caso per caso, ma ci sono alcune raccomandazioni (dettate dal buon senso, oltre che dallo studio della comunicazione) che valgono sempre. Il primo consiglio è che è sempre meglio sapere tutto quello che il paziente assume o fa, soprattutto se siete il medico di famiglia che tiene le fila della sua storia clinica. Se contestate, sminuite, rifiutate o ridicolizzate ogni rimedio che i vostri pazienti ritengono efficaci ciò che otterrete non sarà l’eliminazione delle aggiunte, palliative o terapeutiche, ma solo e semplicemente il paziente smetterà di raccontarvi ciò che assume . Il secondo consiglio, strettamente correlato al primo, è che l’effetto placebo, nelle sue diverse forme, è un fattore fondamentale per la guarigione, di qualunque malattia. Visto che parliamo di rimedi della nonna citerò le parole di mia nonna, quando mi trovò (avevo circa un anno) a mangiare i chicchi d’uva raccolti da terra poiché non arrivavo ai filari: quel che non strozza, ingrassa. Quello che non fa male, va bene. Imparate quindi ad accettare quei rimedi che non fanno alcun danno, e accettateli di buon grado. Eliminate, invece, drasticamente ciò che è rischioso o, meglio ancora, sostituitelo con qualcosa che sia innocuo o davvero di supporto. Potrete così mantenere alto l’effetto placebo e, contemporaneamente, conservare la fiducia del vostro paziente e un alto livello di dialogo.

Dopo una laurea in chimica e tecnologie farmaceutiche e oltre 20 anni di carriera in aziende farmaceutiche multinazionali, e continuando ad aggiornarmi anche da quando faccio la libera professione, credevo si sapere molto sui placebo e sull’effetto placebo. Ma questo libro mi ha affascinato e fatto fare nuove scoperte fin dalle prime pagine. I suoi pregi sono moltissimi. I pregi pratici: è piccolo, leggero, economico. Può essere messo in borsa e letto ovunque. E anche queste piccole cose non sono da sottovalutare. È scritto benissimo. Si pone l’obiettivo di essere un testo divulgativo, e lo è davvero . Ricchissimo di cultura e di riferimenti storico – letterari – filosofici manca totalmente di pomposità o frasi contorte che spesso si trovano in questo tipo di libri. Qui c’è la cultura vera. Einstein diceva “ Non hai veramente capito qualcosa fino a quando non sei in grado di spiegarlo a tua nonna ”, affermazione che condivido appieno perché chi sa davvero sa anche semplificare i concetti. Fabrizio Benedetti sa. Sa spiegare, sa affascinare. E il libro è anche affascinante per i contenuti, il rigore scientifico. È imperdibile per tutti coloro che lavorano in ambito salute, ed è utile per tutti.

Il titolo completo del libro è Intelligenza emotiva Cos’è e perché può renderci felici. Daniel Goleman è sicuramente il più autorevole esperto mondiale di intelligenza emotiva. Il libro viene talvolta dichiarato “fuori catalogo”, ma vi assicuro che si trova ancora, sia in libreria che per gli acquisti on line. Queste le notizie pratiche. E poi, che dire? È interessante, scritto bene, leggibilissimo. E, soprattutto, imperdibile per chiunque abbia interesse per le relazioni umane, per chi educa, collabora o guida altri esseri umani.