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Dai, non soffrire

Uso del linguaggio per migliorare la qualità di vita

Storia
Diego, cinque anni, è in vacanza con la mamma. È un bambino vivace, sveglio, felice di potersi scatenare in campagna con i cuginetti. Laura, la mamma, è un po’ troppo ansiosa, e teme sempre di far brutta figura, soprattutto quando è con le sorelle e i loro figli. Oggi è arrivato anche Andrea, il cugino preferito, di sei anni. I due sono felicissimi di rivedersi, ma, dopo un po’, Diego e Andrea bisticciano per un gioco.
Immediatamente Laura richiama Diego, e si svolge questo dialogo:
Diego, cosa succede? Cosa combini?
Niente, mamma. Volevo solo il gioco di Andrea: ha detto che me lo prestava, e invece adesso non vuole più che lo tocchi.
Ma il gioco è suo. Diego, per favore, non farmi fare brutta figura. Se litighi con Andrea mi fai soffrire!
Tu non fare brutta figura, mamma, e non soffrire!
Quindi lasci stare Andrea e il suo gioco.
No, mamma, io il gioco lo voglio, almeno per un po’. Ma tu non soffrire.
Domande
  • Laura usa un meccanismo di elaborazione ben preciso: quale?
  • Leggendo questa storia in chiave di comunicazione, cosa sta succedendo?
Risposte
Laura usa un meccanismo di elaborazione ben preciso: quale?
Le frasi di Laura: “mi fai soffrire, mi fai fare brutta figura” nascono dall’utilizzo di un meccanismo di elaborazione: la distorsione (o deformazione). È uno dei meccanismi che utilizziamo per formare la nostra mappa del mondo, ed è estremamente utile. Talvolta, però, come in questo caso, lo usiamo malamente.
Le espressioni di Laura sono definite deformazione causa – effetto: attribuire ad un fattore esterno il controllo delle proprie emozioni (“mi fai arrabbiare”, “mi rendi nervoso”, “sei la mia disperazione”) deformando i fatti come se non fosse possibile avere una reazione diversa dalla rabbia, o dal nervosismo
Leggendo questa storia in chiave di comunicazione, cosa sta succedendo?
Laura tenta di controllare Diego tramite una deformazione causa – effetto a cui Diego, con l’ingenuità e l’acutezza propria dei bambini che non hanno infrastrutture di pensiero, reagisce separando, giustamente, le due cose:
  • il suo comportamento
  • la brutta figura o la sofferenza della madre.
Diego ha ragione: il suo comportamento, per quanto sbagliato, non è automaticamente correlabile con i sentimenti della madre, che può scegliere tra rabbia, sofferenza, indifferenza, e così via.
Solo quando siamo in grado di non attribuire ad altri il controllo delle nostre emozioni ne diventiamo pienamente padroni, e acquisiamo maggiore libertà.

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