Ascoltami!
Diverse tipologie di ascolto

Storia
Laura, Marta e Giovanna stanno programmando la festa di Natale per tutti gli insegnanti del comprensivo.
Hanno pochissimo tempo, e Laura teme di non riuscire ad organizzare tutto. Il dialogo è più o meno questo:
Laura: Allora, ricapitoliamo. Ciascuno porta qualcosa da mangiare. Quelle delle elementari pensano agli antipasti e ai primi. Noi delle medie pensiamo ai secondi e ai dolci. Cerchiamo di avere abbastanza per tutti, senza...
senza esagerare
– conclude per lei Giovanna
Laura: esatto, senza esagerare. Poi ne riparliamo, per suddividerci le cose. Prima di dimenticarmi, parliamo un attimo degli addobbi per la sala. I bambini sono settimane che lavorano per preparare. Le colleghe delle
Sì, le colleghe delle materne hanno fatto un mucchio di cose
– conclude per lei Giovanna
Laura: Esatto. Sai se hanno fatto solo le cose per la sala o hanno fatto anche qualcosa per addobbare la tavola?
Giovanna:
per addobbare la tavola? Non so.
Laura: Marta, puoi chiedere tu alla tua amica che lavora alle materne.
Marta:
sì, certo. Cosa devo chiedere?
Domande
Riportati così, i dialoghi sembrano la fiera dell’assordo, ma sono più frequenti di quanto ci rendiamo abitualmente conto.
- Giovanna e Marta manifestano due diversi tipi di ascolto, entrambe poco efficaci. Quali?
Risposte
Giovanna e Marta manifestano due diversi tipi di ascolto, entrambe poco efficaci. Quali?
- Giovanna usa una forma di ascolto riflessivo, in cui fondamentalmente chi ascolta è una cassa di risonanza di chi parla. Serve solo a chi parla, che in genere diventa più consapevole di cosa ha detto, ed è una forma di ascolto usata frequentemente in psicologia e in psichiatria. È però inutile per lavorare insieme alla realizzazione di un progetto.
- Marta usa invece l’ascolto passivo, in cui le parole entrano in un orecchio ed escono dall’altro.

La definizione di “ relazione di aiuto ” nasce nel 1951 quando Carl Rogers nel 1951 specificò che si tratta di " una relazione in cui almeno uno dei due protagonisti ha lo scopo di promuovere nell'altro la crescita, lo sviluppo, la maturità ed il raggiungimento di un modo di agire più adeguato e integrato ”. Carl Rogers è il fondatore del counseling . C’è spesso confusione tra relazione educativa e relazione di aiuto ma la confusione, a mio avviso, nasce in buona parte dal fatto che chi molto di quanto è stato scritto per argomentare le due tipologie di relazione nasce in ambito universitario e didattico, interessandosi più degli aspetti istituzionali che del lato pratico. Certamente chi educa aiuta, e chi aiuta educa , ma se ci riferiamo ad un contesto ben preciso, come quello dell’attività professionale quotidiana di un farmacista, ci sono alcune differenze molto specifiche. Ma in sostanza, serve davvero al farmacista conoscere le differenze? Il farmacista, in termini di comunicazione, svolge diversi ruoli e necessita di estrema flessibilità per passare da un ruolo all’altro o, meglio, per mettere in campo ogni volta le specifiche competenze che sono più utili. Per far meglio il proprio lavoro, o per affaticarsi meno nel farlo, è dunque utile conoscere e familiarizzare con i concetti basilari e le tecniche proprie di uno o dell’altro ruolo. Mi spiego meglio. Il farmacista vende . Non salute, ma prodotti. Le tecniche di vendita gli servono dunque per vendere meglio e anche per acquistare meglio, o saper controbattere ai venditori che incontra. Il farmacista consiglia . Il farmacista supporta il paziente e il medico per ottenere la massima adesione alle terapie. Il farmacista ha un importante ruolo sociale per migliorare salute e qualità di vita della popolazione. Le cose si complicano. Le tecniche di vendita non servono più, e in realtà non servono nemmeno quando il farmacista vuole passare dal puro atto di vendita alla più redditizia fidelizzazione del cliente. Ipotizziamo tre diverse situazioni, molto comuni nell’attività quotidiana. Il cliente presenta una prescrizione medica un po’ complessa e chiede aiuto per meglio comprendere e ricordare la posologia e la durata della terapia. In questo caso è ottimale far ricorso a tecniche di coaching , strumenti finalizzati al raggiungimento di uno specifico obiettivo. Il cliente ha un problema, non sa che fare, vuole suggerimenti e consigli, non sa neanche se andare dal medico o no. È preoccupato, ma confuso. È la classica situazione della relazione di aiuto. Il cliente ha un problema di salute. È sotto controllo medico, ma ha letto su qualche sito un po’ di tutto, sa che deve modificare il suo stile di vita o la sua alimentazione. Qui il farmacista passa al ruolo di educatore sanitario : chiarisce i dubbi, elimina le sciocchezze, fornisce suggerimenti. Ma quali sono le tecniche, le regole del gioco nei diversi ruoli? Un po’ di pazienza …







