Quattro passi in galleria 
quando non vedi la fine del tunnel, arredalo

Raccolta di video e articoli 

Non sono mica Mandrake


Ho appena presentato il mio terzo libro, L’eroe e il paziente, e sono già qui a presentare il quarto: Quattro passi in galleria – Quando non vedi la fine del tunnel, arredalo.


Nella mia infanzia c’era il mago Mandrake come eroe dei fumetti e si era generato il modo di dire Non sono mica Mandrake per motivare l’impossibilità di fare qualcosa. Ebbene, io non sono mica Mandrake: non ho scritto contemporaneamente due libri e ho dedicato molto tempo a ciascuno dei due.


L’eroe e il paziente è stato il risultato di parecchi mesi di lavoro iniziato quasi un anno fa, un’idea nata mentre collaboravo con un’amica che organizza corsi ECM (infatti oltre che un libro, L’eroe e il paziente può essere un corso in aula con o senza ECM).


Quattro passi in galleria è iniziato molto prima. Il file che contiene l’indice preliminare risale all’agosto del 2015: avevo da poco terminato le terapie (chemioterapia e radioterapia) e stavo aspettando l’intervento di ricostruzione. Come molti ho sentito il bisogno di scrivere della mia malattia. Credo sia catartico.


Il titolo preliminare era Partecipare per vincere, derivato dalla consapevolezza di quanto tempo ed energie avevo impiegato per affrontare il mio cancro e, contemporaneamente, quanto erano stati importanti le persone intorno a me. C’è stata una prima stesura del testo, ma poi è rimasto lì, sospeso, a causa di tutti i miei dubbi.


L’ho ripreso parecchi mesi dopo. Io ho dichiarato subito la malattia e, anche se questo mi è costato in termini di lavoro (ben pochi si affidano ad un consulente che ha avuto una grave malattia) so che è stata la scelta giusta. Ho potuto concentrare le mie energie, e ho scoperto un mondo sconosciuto intorno a me. Molti conoscenti, infatti, si sono sentiti liberi di raccontarmi delle loro malattie, neglette e nascoste per paura, tumori, malattie ereditarie, degenerative, diagnosi pesanti e spaventose affrontate in silenzio.


C’è molta forza e molto coraggio in questo silenzio, e tanto bisogno non di aiuto, ma di informazioni e strumenti che possano aiutare.


Poco a poco Partecipare per vincere è diventato Quattro passi in galleria, e il libro è diventato un progetto. Il racconto della mia malattia è diventato il filo conduttore per raccontare quali strumenti ho utilizzato, e come, tra quelli imparati nel mio lungo e intenso studio delle tecniche di comunicazione e coaching e nel mio percorso di crescita personale. Non solo il libro, quindi, ma un intero progetto. Utilizzando il mio sito già esistente, Dottore, mi ascolti!, totalmente ristrutturato, al libro si affiancano quattro manuali pratici, uno per ogni passo, e i corsi in aula.


Definito il libro e il progetto, scritto una prima stesura del libro, e l’ho fatto leggere a qualche amico. Ho avuto risposte positive, ma ancora non ero pronta. Sono passati altri mesi, una successiva stesura. È arrivato il sottotitolo, preso da una battuta di Geppi Cucciari: Quando non vedi la fine del tunnel, arredalo. Per me, infatti, passavano i mesi e gli anni, avevo recuperato forze e energie, stavo ricominciando a lavorare a pieno ritmo, ma ero, e sono, ancora nel tunnel: i farmaci da ricordare, i controlli periodici, gli esami tra un controllo e l’altro. Ho arredato il tunnel e sono pienamente felice.


Poi ho cominciato a contattare gli editori (pochi, per la verità). Ho ricevuto bellissime lettere che elogiavano il libro, ma erano comunque lettere di rifiuto.


Quattro passi in galleria è tornato nel cassetto: non mi piacciono i rifiuti. Fino alla decisione del self publishing, e ad oggi.

Mi hanno detto che il libro: 

  • è bello ??
  • è di facile lettura
  • fa sorridere ??
  • è utile...
  • fa riflettere
  • aiuta a gestire esperienze difficili, non solo la malattia
  • aiuta a comprendere e supportare amici o parenti con gravi malattie

e persino mia sorella ha detto che è carino! ??


E poi il mio obiettivo è di vendere alcune migliaia di copie per potermi definire “scrittrice”. Tu che fai? Leggilo!

Quattro passi in galleria per la salute

I dati lo dimostrano: molte malattie gravi possono essere combattute con efficacia.

Leggendo le statistiche appare chiaro che negli ultimi anni i processi di diagnosi e terapia hanno ottenuto risultati notevoli. Oltre il 50% dei pazienti con diagnosi di tumore è vivo dopo 5 anni, abbiamo farmaci efficaci di seconda e persino di terza linea, il cancro non è più un’automatica ed inesorabile condanna a morte, e lo stesso vale per numerose patologie gravi.

La medicina, intesa come modalità diagnostiche e terapeutiche, va avanti. Eppure  esiste una forse sottile, ma sostanziale differenza tra sopravvivenza e vita. C’è molto da fare sia come attenzione al benessere che come cambiamenti sostanziali nella società. L’allungamento della vita media ha portato recentemente alle dichiarazioni che non si è davvero anziani fino a 75 anni (e si spera sia davvero così, visto che probabilmente dovremo lavorare fio a quell’età). Però, ancora, molti pazienti tacciono delle loro gravi malattie in azienda perché dichiararle significa blocco alla carriera, se non licenziamento alla prima occasione. 

Sono ormai consolidati i progetti di psicologia per affiancare i pazienti, e stanno cominciando a muovere i primi passi diversi progetti di health coaching e di counselling. 

Ciò che serve è aumentare la resilienza del paziente, la sua capacità di elaborare l’esperienza della malattia. Quando la diagnosi è grave, aiuta poco un paziente paziente e passivo: ci sono diverse pubblicazioni relative allo stress post-traumatico anche dopo anni negli individui con diagnosi di tumore.

Ed è nella direzione di acquisire resilienza, elaborare l’esperienza e gestire al meglio la quotidianità che va il mio ultimo libro: Quattro passi in galleria - Quando non vedi la fine del tunnel, arredalo. Nato dalla mia esperienza di paziente e dai miei tanti anni di studio sulla comunicazione e la crescita personale, il libro è una storia, quella della malattia, che fa da cornice a consigli per passare da paziente-passivo a soggetto attivo alla ricerca della felicità, con un pizzico di ironia. Un libro per il paziente e per chi gli è vicino


Quattro passi in galleria: un libro, una storia, un progetto


Quattro passi in galleria – Quando non vedi la fine del tunnel, arredalo

Innanzi tutto ringrazio Geppi Cucciari per la battuta Quando non vedi la fine del tunnel, arredalo. È sua, non mia, ma mi sembrava straordinariamente adeguata.


Quattro passi in galleria è un libro, una storia e un progetto.

  • Un libro che ho scritto  e che si intitola esattamente Quattro passi in galleria – Quando non vedi la fine del tunnel, arredalo
  • Una storia: la mia. La mia storia dal settembre 2014 ad oggi, più o meno, con qualche cenno di antefatto. Eppure la mia storia è solo la cornice del racconto.
  • Un progetto, perché in mente ho da tempo un’idea, che ho accennato nel sito Dottore, mi ascolti! Un progetto grande, forse ambizioso, e proprio per questo il nucleo dell’idea è ormai definito da tempo, ma la realizzazione va decisamente a singhiozzo. Un progetto che vorrei costruire insieme ad altri, e ci sto provando.

La storia non è particolarmente originale: parte da una diagnosi di tumore già in fase avanzata. È una storia che raccontano molti, forse perché scrivere un libro ha un effetto catartico, forse perché siamo sempre più in grado di fare ottime diagnosi, spesso precoci, abbiamo ottime terapie, le percentuali di sopravvivenza a cinque anni (una tappa importante!) sono elevate, ma ancora la nostra società e il nostro modo di vivere non sono assolutamente pronti ad accettare la realtà, e ancora chi ha avuto una diagnosi di tumore (o di altra malattia grave) si scontra con situazioni difficili. Ne deriva che chi ha fatto l’esperienza desidera dare il proprio contributo per cambiare, per andare avanti, per un futuro migliore.


Ma, come ho detto, la mia storia è solo la cornice del racconto. In questa avventura il mio un punto di vista un po’ particolare: laurea in chimica e tecnologie farmaceutiche, vent’anni da dirigente di azienda farmaceutica, e poi il passaggio alla libera professione, e buona parte dell’attività concentrata sulla comunicazione tra professionista e paziente, medico e paziente. Aggiungete trent’anni passati nel mondo della crescita personale e un intenso studio del coaching.


Quando sono diventata paziente mi sono concentrata su come tutti i miei anni di studio, tutte le tecniche che insegno, potevano essermi utili. Ho avuto conferme e ho fatto alcune scoperte. Il libro racconta quindi quali tecniche possono servire al paziente, come e perché.


Il titolo è cambiato diverse volte da quando ho iniziato. Lo spirito è quello di aiutati, che il ciel ti aiuta, ma non mi sembrava adatto. Poi è diventato Partecipare per vincere, poiché credo che la partecipazione attiva del paziente sia essenziale. Negli ultimi tempi si può leggere molto su come, finalmente, si ritenga doveroso porre maggiore attenzione alla persona, paziente, oltre che alla malattia. Ci sono lavori clinici con molte informazioni, studi, ricerche, progetti. Il bisogno di ampliare la presenza di psicologi, coach o counsellor a fianco del paziente è diventato impellente e, giustamente, non più solo per le fasi acute della malattia, ma anche dopo, negli anni a seguire.


Concordo. Concordo su tutto, benedico ogni idea ed ogni progetto.


Eppure, come paziente, ho sentito e sento la necessità di essere parte attiva, di aiutarmi. Questo ho fatto, sto facendo, e racconto.


Alla seconda (o terza, non ricordo più) è comparso il titolo finale del libro: Quattro passi in galleria. La galleria è ovvia: dalla diagnosi si finisce in un tunnel. I quattro passi sono i quattro ambiti di vita su cui possiamo agire: ricostruire il proprio mondo, che la diagnosi manda letteralmente in frantumi, creare relazioni positive con i medici e i terapeuti con cui abbiamo a che fare, ottimizzare i rapporti con amici e parenti e gestire la malattia come esperienza.


Il sottotitolo è arrivato da solo: Quando non vedi la fine del tunnel, arredalo, perché tra visite, controlli, esami, statistiche su metastasi e secondi tumori, è davvero difficile vedere la fine del tunnel, ma lo si può arredare, rendere gradevole, ed essere felici.

Carla Fiorentini - Quattro passi in galleria Quando non vedi la fine del tunnel, arredalo  – Youcanprint 2018


Per me è sicuramente un libro speciale: dentro ci sono il racconto di alcuni anni della mia vita, la mia malattia, ed anche tante riflessioni e scoperte.

Da molti, moltissimi anni (ho cominciato durante l’adolescenza, e ho compiuto 60 anni) mi interesso, studio e coltivo ciò che in senso lato si può chiamare comunicazione. Ho iniziato per curiosità e continuato per passione. Poi ho scoperto che questo hobby era utilissimo per il mio benessere: quello che in termini tecnici si chiama crescita personale. Ho proseguito per lavoro, con le tecniche di leadership e la PNL e poi ho unito lavoro e hobby, coltivando e insegnando comunicazione in ambito salute.


Per carattere e forma mentale amo le applicazioni pratiche di ciò che studio, non per niente mi sono laureata in chimica e tecnologie farmaceutiche, quindi ho sempre applicato al mio quotidiano ciò che imparavo.


E da questo punto di vista la malattia è stata fonte di scoperte e revisioni.


Sono cresciuta con il principio dell’aiutati che il ciel ti aiuta, quindi non amo il concetto di paziente… paziente passivo. Posso ubbidire ai medici, se necessario, cerco e accetto il supporto di psicologi, counselor e coach, quando servono, ma credo che sia importante il mio impegno: è la mia vita!


Nei lunghi mesi tra operazione, chemioterapia, radioterapia e convalescenza, ho revisionato ciò che sapevo, le tecniche e gli esercizi che conoscevo, ho modellato alcune tecniche o esercizi in base al momento che stavo vivendo, ho riflettuto.


E poi ho scritto, cercando di trasmettere ciò che ho imparato o scoperto. I capitoli della mia storia sono inframmezzati dai quattro passi che credo ogni malato debba percorrere e per ciascuno ci sono tecniche e suggerimenti. Il mio impegno, ora, è di completare quanto ho scritto con quattro manuali pratici, ancora più completi ed esaustivi.


Non crediate, però, che sia un libro angosciante, anche se rivolto al malato: sono una fervente sostenitrice dell’ironia e dell’auto-ironia e credo che, più la situazione è grave, più sia importante trovare spazi per ridere e sorridere, e alleviare così i momenti in cui si piange.


Che dire di più? Chi ha letto il libro, me ne ha dato commenti entusiasti, persino quando chi leggeva era l’editor o il correttore di bozze. A me è servito scriverlo, e spero che a voi serva leggerlo.

Aiutati che il ciel ti aiuta: quattro passi in galleria

Troppo spesso il paziente viene considerato soggetto passivo, soprattutto nel caso di gravi malattie.

Una diagnosi grave, pesante, di quelle che cambiano la vita, e il paziente si sente spiegare molti aspetti della sua malattia, molti rischi dell’operazione, se necessaria, moltissimi effetti collaterali delle terapie.

Qualcuno incoraggia: forza, coraggio, non si butti giù. E non può mancare chi suggerisce pensa positivo!

Qualcosa si sta muovendo: lo psicologo è disponibile in tuti i reparti di oncologia e ci son molti progetti di counseling o di coaching. Ma non basta.

Inoltre troppo spesso si tende a dimenticare che il paziente non deve solo affrontare quella che può essere definita fase acuta, ma deve poi convivere con la malattia stessa o con la consapevolezza che per molti anni non si parla di guarigione.

Credo che si possa e si debba fare di più affinché la relazione con la malattia non sia vissuta solo in modo passivo, anche se con il supporto di psicologi o coach, ma in modo attivo, ciascuno secondo il proprio vissuto e i propri desideri, tutti con strumenti di auto-aiuto.

Aiutati che il ciel ti aiuta! Ogni paziente che trova il proprio percorso di vita anche in presenza di grave malattia scopre una potenziale felicità: ne abbiamo infiniti esempi.

Ed è il mio percorso quello che racconto nel nuovo libro Quattro passi in galleria - Quando non vedi la fine del tunnel, arredalo. La mia storia, tuttavia, fa solo da filo conduttore e da corollario a riflessioni, tecniche, suggerimenti e qualche esercizio affinché ogni paziente diventi attore attivo del suo benessere.

Ma non crediate che un libro che parla di malattia sia triste: era buio e ho cercato le stelle, pioveva e ho visto l’arcobaleno.


Ho una malattia, ma sono poco paziente

Le parole sono importanti, anche in ambito salute.


Sei malato o hai una malattia? C’è una bella differenza tra le due espressioni! Perché essere malato è uno stato, fa parte de chi siamo, della nostra identità. Se “sono malato” la malattia, sostanzialmente, mi domina e mi guida. Avere una malattia è un’espressione molto diversa, decisamente preferibile, anche se so bene che la malattia mi accompagnerà negli anni a venire.

Un’altra espressione significativa è il termine “paziente” con cui si definisce chi ha una malattia. Per carità, non voglio cambiare il dizionario della lingua italiana, so bene che paziente è un vocabolo corretto, e lo uso anch’io. Ma, rifletti un attimo, il paziente è, per definizione, colui che ha pazienza, spesso utile, talvolta eccessiva, al punto che al paziente si attribuisce troppo spesso un ruolo assolutamente passivo come di colui che attende, pazientemente, appunto, che i medici e i farmaci elimino la sua malattia.

È stato realizzato molto in ambito sanitario in termini di diagnosi precoce e terapie efficaci, al punto che milioni di persone che hanno una malattia vivono per molti anni e conducono una vita pressoché normale. Siamo milioni: tumori, sclerosi multipla, diabete, cardiopatie… siamo milioni ed è meglio che siamo poco pazienti.

No, non sto invocando né una ribellione ai medici, né il rifiuto di terapie efficaci e tantomeno il metterci a discutere, senza averne le competenze, ciò che riguarda la salute.


Credo, semplicemente, che il paziente abbia grandi benefici dal passare da soggetto passivo a soggetto attivo e proattivo.

Il paziente che cerca il proprio benessere globale attraverso un rapporto positivo con il medico e il terapeuta in genere, che coltiva relazioni umane benefiche, familiari e amicali, che agisce per il proprio bene e impara a gestire esperienze difficili, è un paziente attivo.

Le tecniche per attivarsi ci sono, a partire dalla meditazione o dalla minfulness, a tanti esercizio di crescita personale, a tante modalità di costruzione del proprio benessere.

Io ci credo, l’ho sperimentato, e te lo racconto nel mio libro Quattro passi in galleria - quando non vedi la fine del tunnel, arredalo.

Vorrei anche segnalarti alcune recensioni che si trovano al di fuori di questo sito

  • Comincio dalla recensione che Franca Errani ha scritto su Amazon, per la quale la ringrazio di cuore
    https://www.amazon.it/Quattro-passi-galleria-Carla-Fiorentini-ebook/dp/B07M7Q1FLT
  • E poi c'è la recensione dal titolo Il viaggio dell’eroe a cura di Francesca Autieri. Nel leggerla, io mi sono commossa!
    https://www.scritturaviva.it/446226236
  • e, infine, una mia intervista in TV
    http://www.chingecoaching.it/1/ed_eccomi_in_tv_con_quattro_passi_in_galleria_3114476.html